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Tribunale di Verona, sez. civile, 30 marzo 2023
La sezione civile del Tribunale di Verona, con una recente sentenza, ha condannato un sacerdote al riconoscimento della figlia nata dalla relazione con una donna, con conseguente registrazione all’anagrafe e versamento di una somma di denaro, parte della quale a titolo di arretrati per il mantenimento della minore. Stando alla ricostruzione dei fatti, come emergenti dalla sentenza, il sacerdote – parroco nel veronese – nel 2015 aveva avviato una relazione sentimentale stabile con una donna straniera, da cui era nata una figlia nel 2017. Pur non negando di essere il padre naturale - come confermato anche dal test del DNA - il sacerdote non aveva mai voluto riconoscere la figlia ed aveva continuato - con il consenso dei superiori gerarchici – ad esercitare il ministero sacerdotale dopo il trasferimento in altra diocesi. Una denuncia penale a carico del sacerdote per violazione degli obblighi di assistenza familiare era stata archiviata nel 2021, motivata in ragione del fatto che “un sacerdote non potesse essere costretto ad essere padre”. Il procedimento in sede civile, invece, ha stabilito che l’interesse per il bene del soggetto più debole, il minore, vada anteposto anche alla condizione di membro dell’ordine sacro e che il dovere/diritto costituzionale (art. 30 Cost.) di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se naturali, non possa essere limitato dall’esercizio del ministero sacerdotale.
La sentenza presenta un diverso orientamento, tenuto conto che, fino a questo momento, la giurisprudenza aveva statuito, in casi simili, perseguendo l’obiettivo principale di salvaguardare l’autonomia dell’ordinamento canonico e le sue previsioni; con la sentenza in commento, si attribuisce rilevanza fondamentale al best interest del minore.
Quanto allo specifico ambito civile, la decisione dei giudici scaligeri attiene all’istituto della dichiarazione giudiziale di paternità e/o maternità naturale, ex artt. 269 e ss.c.c., è in linea con consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentt. 2065/94; 8042/98; 14029/05; 2328/06), come espressa nella sent. n. 7896 del 2014: “nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, e quindi uno solo di essi sia tenuto a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene comunque meno l’obbligo dell’altro genitore a risarcire la propria quota di mantenimento per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato da parte di entrambi” e da ultimo nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 28330/2020.
Sotto il profilo pastorale-canonistico, si ripropone, invece, non solo il tema sempre “caldo” nel dibattito intra edextra ecclesiale circa l’obbligo del celibato sacerdotale (can. 277 CIC) ma anche la questione – ancora proibita – della tutela dei diritti dei “figli dei sacerdoti” e delle conseguenze per il chierico che abbia in modo così grave violato la legge ecclesiastica della continenza perfetta e perpetua, contraendo al contempo obblighi naturali che non possono essere eliminati o evitati con leggerezza. Nel libro “Il cielo e la terra” scritto con il rabbino Abraham Skorka, l’allora Arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Bergoglio, scriveva: “Se uno viene da me e mi dice che ha messo incinta una donna cerco di tranquillizzarlo e a poco a poco gli faccio capire che il diritto naturale viene prima del suo diritto in quanto prete. Di conseguenza deve lasciare il ministero e farsi carico del figlio, anche nel caso decida di non sposare la donna. Perché quel bambino ha diritto ad avere una madre, ha diritto ad avere un padre con un volto”.
Il Dicastero per il Clero nella Nota – non pubblicata – in tema di chierici con prole specifica la prassi di far ottenere ai sacerdoti “padri” che lo richiedano il Rescritto della Sede apostolica di perdita dello stato clericale (can. 290 CIC) e la dispensa pontificia dall’obbligo del celibato (can. 291 CIC), anche prima del compimento del 40° anno di età. Più in generale, l’accertata presenza di figli viene trattata dal Dicastero come causa di fatto, irreversibile e gravissima, che determina tempi rapidi nella concessione della dispensa dagli obblighi discendenti dall’ordinazione. Più problematica si presenta la situazione nel caso in cui il sacerdote non proceda con la richiesta di “dispensa”. In tale ipotesi la Nota invita Vescovi e Superiori a presentare il caso direttamente al Dicastero che potrà decidere – esaminando ogni caso nel merito e nelle proprie peculiarità e tenendo conto delle Facoltà speciali di cui gode - per la dimissione dallo stato clericale, motivata anche dal fatto che “la responsabilità genitoriale crea una serie di obblighi permanenti che nella legislazione della Chiesa latina non prevedono l’esercizio del ministero sacerdotale”(https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2019-02/card-stella-figli-sacerdoti-criterio-bene-bambini.html).
In particolare, tra le Facoltà speciali concesse dal Sommo Pontefice nel 2009 al Dicastero per il Clero, ed in linea con la questione che interessa, si segnala quella di “intervenire ai sensi del can. 1399 CIC, o agendo direttamente nei casi o confermando le decisioni degli Ordinari, qualora i competenti Ordinari lo chiedessero, per la specialità gravità della violazione delle leggi, e per la necessità e l’urgenza di evitare un oggettivo scandalo” in deroga alle disposizioni in tema di applicazione di pene perpetue e sempre con approvazione specifica e decisione del Santo Padre (http://www.clerus.va/content/dam/clerus/Plenaria%202017/03%20-%20Facolta%CC%80%20Speciali.pdf).
Nel 2017 la Conferenza episcopale irlandese ha approvato il documento “Principi di responsabilità per sacerdoti che hanno generato figli durante il loro ministero” che ricorda come, in queste circostanze, i bisogni dei minori siano sempre primari e che il sacerdote sia tenuto a far fronte alle proprie responsabilità. Il documento precisa quattro “pilastri” di riferimento: il miglior interesse del bambino, il dialogo con la madre del bambino e il rispetto nei suoi confronti, il dialogo con i superiori gerarchici, l’osservanza delle leggi civili e canoniche. Più recentemente, la Conferenza episcopale del Congo ha pubblicato il documento “Alla scuola di Gesù Cristo (cf. Ef 4,20). Per una vita sacerdotale autentica. Esortazione ai presbiteri sulla castità sacerdotale e sui diritti dei bambini e delle persone vulnerabili” in cui si sollecitano i sacerdoti che abbiano un figlio a richiedere la dispensa dagli obblighi sacerdotali ed i Vescovi, in caso di resistenza dei sacerdoti, a presentare il caso alla Santa Sede, sottolineandosi anche le conseguenze negative e gravi che si determinano in tali situazioni: clandestinità, mancanza di adeguata educazione e assenza della figura paterna.
Tali interventi dei Vescovi sono stati determinati anche dalla carenza di riferimenti specifici nel Codice di diritto canonico sul tema. Oltre all’ipotesi del chierico che attenti al matrimonio anche solo civile (can. 1394 CIC), punito con la sospensione latae sententiae e con ulteriori privazioni, laddove non si ravveda, fino alla dimissione dallo stato clericale, il can. 1395 §1 CIC, in particolare, configura le fattispecie di reato del chierico concubinario, che cioè abbia una relazione stabile di natura sessuale con una persona di sesso diverso, o che permanga con scandalo pubblico in un altro peccato contro il sesto comandamento, da punirsi ferendae sententiae con la censura di sospensione alla quale si potranno aggiungere gradualmente altre pene, dopo l’ammonizione, fino alla dimissione dallo stato clericale. Non è necessario, quindi, nel caso del concubinato, che si tratti di un fatto pubblico o che vi sia scandalo. Di conseguenza, però, i comportamenti sessuali disordinati, ma occasionali e non pubblici, non sono oggetto diretto del canone. I profili critici sono diversi, anche in relazione al caso della sentenza in commento, in quanto la dimissione dallo stato clericale prevista dal Codice di diritto canonico si configura, nelle ricordate ipotesi, come extrema ratio, a tutela del reo ma a rischio dei diritti e della tutela del minore e non può escludersi che, laddove la nascita di un figlio sia conseguente ad un rapporto sessuale occasionale o non stabile di un sacerdote, sarebbe anche difficile configurare una specifica violazione in capo al chierico.
Paolo Palumbo
PAROLE CHIAVE
Filiazione naturale, provvedimenti per il figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali, celibato sacerdotale, perdita dello stato clericale