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RIASSUNTO
L’articolo partendo dall’influenza del doppio grado di giudizio sull’assetto giudiziario ecclesiastico cerca di ricostruire l’origine e la natura della potestà giudiziaria dei tribunali locali di seconda istanza nella Chiesa latina. La sistemazione concettuale e costituzionale dell’organizzazione giudiziaria ecclesiastica non è priva di risvolti pratici e deontologici. La dottrina canonistica non ha approfondito i presupposti della legislazione vigente; l’inquadramento prevalentemente disciplinare ed esegetico limita l’approccio fondamentale e ordinamentale. Il rapporto tra potestà primaziale e potestà episcopale particolare va affrontato alla luce della natura strumentale del bene processuale, dell’armonia tra diritto divino e diritto umano e della centralizzazione normativa processuale. L’impostazione tradizionale forniva una giustificazione logica e deontologica della fonte potestativa di tipo gerarchico, la crescente presa di coscienza della capacità episcopale tuttavia permette di comprendere meglio la logica e la distribuzione dei tribunali di seconda istanza. Il ricorso alla causa legale e razionale pare possa evitare di dare un’impropria valenza ecclesiologica a un principio funzionale. Il miglioramento della ricostruzione teorica mira a incrementare l’integrazione tra governo centrale e particolare e accrescere la preoccupazione e la corresponsabilità episcopale. Anche la recente riforma processuale del MIDI, pur ingenerando alcune difficoltà e criticità strutturali, ha contribuito ad esplicitare la diretta responsabilità episcopale nell’amministrazione della giustizia. L’accessibilità, la vicinanza e l’economicità dei tribunali locali di secondo grado non possono superare il garantismo del sistema e si collegano direttamente all’effettività e incidenza dell’appello.
PAROLE CHIAVE
Doppio grado di giudizio; tribunali locali di seconda istanza; potestà primaziale ed episcopale; centralizzazione normativa; razionalità processuale; responsabilità episcopale; governo centrale.