Numero 1/2024YARU LI Nuove prospettive sul matrimonio nel diritto cinese e giapponese: il matrimonio tra persone dello stesso sesso
Numero 1/2024PAOLO PALUMBO Sana cooperatio e bilateralità nella missione della Chiesa cattolica: evoluzioni, trasformazioni e prospettive
RIASSUNTO
L’uso di riferimenti sacri nelle comunicazioni commerciali, quando estremizzato al di là del limite della c.d. “volgarizzazione innocua”, può dar vita a messaggi percepiti come dissacranti e blasfemi, che portano con sé l’inevitabile rischio di ledere il sentimento religioso del fedele-consumatore, inteso come bene costituzionalmente garantito. Si è da sempre avvertita, pertanto, la necessità di individuare misure legislative volte a proteggere la sensibilità religiosa dei credenti da offese che potrebbero essere a tal sensibilità arrecate da prodotti pubblicitari che richiamino simboli ed immagini religiose, ma che siano, allo stesso tempo, capaci di trovare un punto di equilibrio con le contrapposte libertà costituzionalmente garantite, quali la libertà di iniziativa economica privata (art 41 Cost.) e la libertà di manifestazione del pensiero (art 21 Cost).
A questa avvertita esigenza corrisponde tuttavia un evidente vuoto normativo, tradizionalmente colmato dall’art. 10 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (C.a.c.c.), che, seppure strumento di c.d. “soft law”, anche per il tramite delle pronunce del Giurì e del Comitato di Controllo, ha da sempre garantito preminente tutela al sentimento religioso nell’ambito della comunicazione commerciale.
Il presente lavoro, mediante una ricostruzione del corpus di pronunce degli organi dell’I.a.p in relazione al divieto di cui all’art. 10 C.a.c.c, intende sottolineare come, nell’ultimo decennio, nonostante il sempre più diffuso utilizzo di richiami religiosi negli spot commerciali, nonché l’immutata formulazione delle disposizioni autodisciplinari, si sia assistito ad un evidente inversione di tendenza che vedrebbe la tutela del sentimento religioso non più preminente. Questa inversione va tuttavia ripensata proprio alla luce della recente ingiunzione del Comitato di Controllo I.a.p. (n. 7/2024) emanata a seguito della divulgazione di un nuovo spot del noto marchio di patatine Amica Chips, che sembra restituire al citato articolo il tradizionale ruolo di “filtro a maglie strette” rispetto alla tutela del sentimento religioso nella comunicazione commerciale.
PAROLE CHIAVE
Sentimento religioso; Istituto dell’autonomia pubblicitaria; art. 10 C.a.c.c.; Comunicazione commerciale; Giurì; Comitato di Controllo; Caso Amica Chips;