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Quaderno monografico n. 3“Diritto penale canonico e diritto penale statale: due ordinamenti a confronto alla luce della recente riforma del Libro VI del Codice di diritto canonico” indice
Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’incontro con la Comunità Valdese
Torre Pellice, 31/08/2023 (II mandato)
Sono particolarmente lieto di questa opportunità di incontro in occasione dell’80° anniversario di un Sinodo che rappresentò una riflessione alta nel modo di porsi della vostra Chiesa e delle religioni nei confronti dello Stato.
Erano i giorni dell’incertezza che faceva seguito alla caduta del fascismo e, in contemporanea, dell’armistizio fra potenze alleate. Il vostro dibattito si svolse esattamente in quei giorni e si trovò a confronto con alternative difficili.
Molti fra i presenti scelsero la strada della lotta per la libertà, unendosi alla Resistenza.
Da quel Sinodo emerse la orgogliosa affermazione per cui la Chiesa valdese “fondata sui principi dell’Evangelo, si regge da sé in modo indipendente, nell’osservanza della sua confessione di fede e del suo ordinamento senza pretendere alcuna condizione di privilegio nell’ordine temporale, né consentire nel proprio ordine ad ingerenze o restrizioni da parte della società civile”.
Troviamo traccia di questa posizione nelle previsioni della nostra Costituzione che superò la normativa fascista sui “culti ammessi” e le limitazioni derivanti dal regio decreto febbraio 1930 sull’apertura di templi non cattolici.
Ringrazio quindi per l’invito, e per le sue parole, la Moderatora, Alessandra Trotta, e saluto tutti i presenti, i rappresentanti delle istituzioni e degli organismi che animano l’attività delle vostre Chiese e i giovani presenti.
La vostra esperienza è legata, per molti aspetti, alla causa della libertà. Naturalmente, in particolare a quella della libertà di culto.
Il diritto alla espressione delle proprie convinzioni è stato accompagnato, nel vostro caso, da vicissitudini che, nella storia, talvolta tendono a riproporsi.
La vostra comunità, infatti, ha acquisito a caro prezzo diretta cognizione di cosa significhino parole come “esiliati”, “rifugiati”, “accolti”, “ritornati”. Di cosa significhino “esilio” e “ritorno”.
Recate le stigmate di chi aspira a vivere orgogliosamente nella propria Patria anche quando questa respinge.
Di cosa significhi trovare solidarietà - al di là delle Alpi in questo caso - in quelle montagne che Braudel ha definito il “rifugio - nel Mediterraneo - delle minoranze eretiche”.
Di chi, con sofferenza, ha ottenuto riconoscimento delle proprie ragioni.
Oggi, nella Repubblica, le montagne non sono più un rifugio per perseguitati e, soprattutto, non esiste più la categoria abusiva degli “eretici”.
Al contrario, la nostra Costituzione riconosce e valorizza le peculiarità di persone e comunità, quelle che- come ricordava l’insigne teologo valdese Giovanni Miegge - il “fascismo combatteva sistematicamente”. Fossero “originalità regionali di lingua o tradizione”.
Si tratta dell’applicazione di quel principio fondamentale per il quale insidiare la libertà di uno dei componenti della società equivale a porre in discussione la libertà di tutti.
Del resto, è noto come non vi possa essere piena libertà civile e politica senza libertà religiosa.
Lo attesta la stessa vicenda delle patenti della cosiddetta “emancipazione” della comunità valdese firmate da Carlo Alberto nel 1848, significativamente a pochi giorni dalla promulgazione dello Statuto che introdusse le libertà costituzionali nel regno di Sardegna.
Nel famoso discorso detto delle Quattro libertà, il presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, ebbe a collocare la libertà di culto appena dopo quella di parola e di espressione. Perché è “essenziale” – disse - che “ogni persona (possa) rivolgersi a Dio a suo modo – ovunque nel mondo”.
Un sacerdote cattolico, don Primo Mazzolari - antesignano delle tesi che saranno fatte proprie dal Concilio Vaticano II della Chiesa cattolica - amava ricordare che “la libertà è l’aria della religione”.
Fedi che non respirassero l’aria della libertà sarebbero prigioniere di un’angusta interpretazione di sé stesse; frenate, imprigionate, subordinate, inoltre, a interessi temporali, limitate nella capacità di rendere quella testimonianza nello spazio pubblico che, per definizione, è uno spazio plurale.
“Luogo di incontro e dialogo” lo ha opportunamente definito la Moderatora Trotta.
Alla Costituente il dibattito su questi temi fu intenso e appassionato.
Venne affermato il principio di uno Stato non confessionale, venne resa esplicita la consapevolezza che libertà di culto e libertà di coscienza rappresentano due facce della stessa medaglia.
Ne troviamo puntuale conferma all’art.8 che stabilisce l’eguaglianza di “tutte le confessioni religiose” davanti alla legge e, all’art.19 ove si afferma che “tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata”.
Quando i Costituenti approvarono l’art.19, Meuccio Ruini, Presidente della Commissione dei 75, ebbe a definire quel testo “un’affermazione rigorosa della libertà di coscienza e di fede”.
Il Presidente Cossiga volle intervenire qui a Torre Pellice, in occasione del bicentenario del “glorioso rimpatrio”.
Il Presidente Scalfaro fu qui nel 150° anniversario della “emancipazione”.
Oggi, possiamo constatare che i due temi della libertà di culto e del rapporto con la Repubblica delle confessioni organizzate hanno trovato una felice composizione che valorizza, anzi, l’apporto di queste ultime alla vita della nostra società.
Libertà e pluralismo sono l’ambiente nel quale le religioni si muovono e partecipano alla edificazione di una società più giusta, progredita, rispettosa dei diritti.
L’odissea dei Valdesi, il loro contributo - da credenti - al bene comune della Repubblica, testimonia il valore della presenza che assicurano alla storia d’Italia.
Ed è paradigmatica della libertà, fondamento della nostra Costituzione.
Grazie di questa accoglienza.
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