Numero 2/2011FABIO FRANCESCHI Libertà della Chiesa e laicità dello Stato nell’insegnamento di Benedetto XVI
Numero 1/2011CARMELA VENTRELLA MANCINI La sinfonia di Sacerdotium e Imperium nei concilii generali e particolari dei secoli VI e VII
(6 dicembre 2024)
Confessarsi con un sacerdote, nell’età del progresso digitale, può sembrare superato; c’è chi ha scelto, allora, di ricorrere più in alto. In Svizzera, all’interno della più antica chiesa cattolica elvetica – la Peterskapelle di Lucerna – è stato di recente installato un confessionale particolare nel quale è possibile avere un colloquio con Gesù Cristo. Si tratta, naturalmente, di una proiezione olografica supportata dal sistema di intelligenza artificiale, nell’ambito di un progetto artistico chiamato “Deus in machina” e messo a punto da un team di teologi e informatici della Facoltà di Scienze Applicate e Arti dell’Università di Lucerna, facenti parte dell’Immersive Realities Research Lab. Attraverso una riproduzione visiva e fonetica di Cristo, ottenuta mediante un avatar animato dietro la grata, il programma – settato sulla conoscenza di Antico e Nuovo Testamento – ripete la seguente frase come incipit: «La pace sia con te, Fratello. Nei momenti di incertezza e dubbio, ricorda che la fede può spostare le montagne. Cosa ti turba il cuore oggi?». I fedeli una volta entrati nel confessionale vengono incoraggiati ad esprimere preoccupazioni, pensieri e domande al cyber-Christ, potendo sia ricevere consigli spirituali che confessare i propri peccati. Tra di essi, i due terzi hanno riferito di aver vissuto «un’esperienza spiritualmente stimolante», o di essersi sentiti «accuditi e consolati»[1], sollevando temi anche di grande rilevanza sociale, come l’amore, la guerra, la solitudine, l’esistenza di Dio, l’omosessualità e gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica.
I vantaggi che, a giudizio dei creatori del programma, deriverebbero da tale esperimento sarebbero valutabili soprattutto in termini di efficienza – considerata la sua accessibilità 24 ore al giorno, arco temporale non ricopribile dai pastori ‘fisici’, – di fruibilità, attesa la possibilità di avere un colloquio in più di 100 lingue, e di personalizzazione del dato teologico, giacché – come riportato dal comunicato stampa della Peterskapelle – l’intelligenza artificiale potrebbe essere in grado di rispondere a domande individuali e affrontare preoccupazioni in modo specifico, personalizzando i riferimenti biblici e spirituali, spesso in modo più veloce e completo di un pastore umano[2].
Si tratta di una questione che induce ad interrogarsi circa la rilevanza dell’intelligenza artificiale rispetto al fenomeno religioso, intersecando diverse problematiche, sia teologiche che giuridiche. Il primo angolo di visuale afferisce al valore di un’eventuale confessione rilasciata ad un programma artificiale, molto probabilmente priva dell’assoluzione. Invero, nonostante sia stato dichiarato dai responsabili del progetto che «non si tratta di una vera e propria confessione, ma di consigli spirituali»[3], la collocazione del bot all’interno di un confessionale potrebbe far sorgere non pochi dubbi nei “penitenti” e spingerne la gran parte a ritenere di aver ottenuto il sacramento della riconciliazione. Il Catechismo della Chiesa cattolica prevede, al n. 1461, che, «poiché Cristo ha affidato agli Apostoli il ministero della riconciliazione, i Vescovi, loro successori, e i presbiteri, collaboratori dei Vescovi, continuano ad esercitare questo ministero. Infatti sono i Vescovi e i presbiteri che hanno, in virtù del sacramento dell’Ordine, il potere di perdonare tutti i peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»[4].
Anche il diritto canonico disciplina il sacramento della penitenza[5], statuendo, attraverso il combinato disposto del can. 965 e del can. 970, che «ministro della penitenza è il solo Sacerdote» e che «la facoltà di ricevere le confessioni non venga concessa se non ai presbiteri che sono stati riconosciuti idonei mediante un esame, oppure la cui idoneità consti da altra fonte». Appare evidente, incrociando il dato teologico e quello giuridico, che il sacramento della confessione si innesta su un chiaro presupposto personale, quello, cioè, del ministro che agisce in persona Christi; nessun tipo di entità differente è abilitata ad effettuare quell’indagine che, prima di giungere all’assoluzione, valuta il grado di contrizione del fedele e il suo proposito di non incorrere più nel peccato, riprendendo le parole del Signore che, nel Vangelo, non elargisce una misericordia a buon mercato, bensì consegna all’adultera il monito «va’, e non peccare più» (Gv 8, 11).
Il sacramento della confessione deve essere distinto, inoltre, dall’altra funzione che realizzerebbe il confessionale digitale, id est la pratica della direzione spirituale in quanto le due realtà, sebbene in parte comunicanti, non sono affatto sovrapponibili: infatti, al confessore si confessano i peccati realmente commessi per averne l’assoluzione dopo un accurato esame di coscienza. Invece, al padre spirituale, fuori dal contesto sacramentale ma pur sempre in foro interno, si manifestano i desideri e le tendenze, i bisogni e i dubbi, le sofferenze e le gioie della quotidianità della vita anche se non si è commesso alcun peccato. Nella pratica del ministero dell’ascolto, l’accompagnamento e la riconciliazione sacramentale possono coesistere, ma devono essere considerate distinte e tutto questo va chiarito sin dall’inizio del rapporto di direzione spirituale[6]. È possibile sostenere un colloquio di direzione spirituale e, alla fine, la persona può chiedere l’assoluzione. Al contrario, nell’ambito di una confessione sacramentale e prima di ricevere l’assoluzione, la persona può chiedere un consiglio, un suggerimento e questo può assumere i tratti di un embrionale colloquio spirituale.
Anche dal punto di vista della parte attiva, mentre soggetto del sacramento della penitenza è solo il ministro ordinato, Vescovo o presbitero, per la direzione spirituale coloro che la offrono possono essere uomini e donne, religiosi e laici, coppie e in senso largo anche comunità e il vicendevole scambio spirituale più difficilmente permette di indicare chi solo offre o chi solo riceve, proprio perché è in primo piano la compartecipazione e il coinvolgimento, pur nella distinzione delle singole persone e delle diverse fasi della vita umana e cristiana[7].
Da quanto osservato emerge la non compatibilità della pratica ispirata al “question & answer” tra fedele e intelligenza artificiale, né con la fattispecie della confessione – ove difettano sia l’elemento sacramentale, sia quello assolutorio e formale (che si concreta nella invocazione trinitaria prevista dal diritto), né con la direzione spirituale, in quanto la risposta ad un quesito, peraltro ispirata ad una logica algoritmica che si affida a un database preimpostato (pur con la flessibilità ad casum che è propria dell’interfaccia digitale) non può essere paragonata ad un accompagnamento personale che difficilmente accantona l’aspetto della fiducia riposta nel direttore spirituale; elemento, questo, che non sorge a seguito di semplici dichiarazioni di intenti, ma come frutto di una relazionalità quotidiana e feriale, ispirata alla logica della continuità.
In ultimo, il progetto del cyber-Christ fa sorgere notevoli interrogativi anche in relazione al trattamento dei dati personali eventualmente rilasciati dai soggetti durante il colloquio, rendendo del tutto tangibile il pericolo di una violazione dei diritti sia di libertà religiosa sia di privacy[8]. Lo spazio del confessionale costituisce, infatti, un perimetro protetto dal sigillo sacramentale che, per disposizione di legge, è del tutto inaccessibile[9]. Il contenuto del dialogo tra il penitente, che accusa i peccati, e il sacerdote, che amministra il sacramento della riconciliazione, è sotto sigillo assolutamente «inviolabile» dal confessore a norma del can. 983 §1 CIC – e ciò dal momento in cui viene tracciato il Segno della Croce sino al termine della confessione, conclusa con o senza l’assoluzione sacramentale – al fine di tutelare la libertà di coscienza del fedele e salvaguardare la santità del sacramento istituito da Cristo (Gv 20, 22-23). Per tali ragioni, il can. 983, §1, CIC prevede che non è mai lecito al confessore svelare, neppure parzialmente, direttamente o indirettamente, e per qualunque motivo quanto il penitente gli ha riferito durante la confessione sacramentale[10].
Tali cautele sembrano del tutto assenti nel colloquio virtuale con il Deus in machina, in una logica che si pone anche ben oltre le concessioni fatte in tempo di pandemia, laddove – pur trovando spazio in situazioni emergenziali un utilizzo ampliato dell’assoluzione collettiva disciplinata dal can. 961, §1, n. 2 CIC[11] subordinato, comunque, all’assenza di un sacerdote – la Chiesa ha fermamente ribadito l’invalidità di assoluzioni impartite tramite mezzi digitali[12]; e se l’assenza del ministro che agisca in persona Christi rende ultroneo discutere di eventuale violazione del sigillo sacramentale – dal momento che sacramento non v’è – il pericolo rimane per quanto concerne l’incontrollata fuga di dati personali. Si tratta di un vulnus di non poco conto, dal momento che un utilizzo illecito dei dati concernenti le convinzioni religiose delle persone fisiche «può determinare significativi rischi per l’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo [...] soprattutto in considerazione dei gravi effetti discriminatori che possono derivare dalla raccolta di simili informazioni»[13]. Per vero, non è affatto specificato né se siano o meno presenti dispositivi atti a registrare le dichiarazioni rilasciate dai fedeli, né in quale modalità esse vengano o meno riutilizzate e/o diffuse; il che tratteggia complessi scenari in tema di responsabilità per eventuali violazioni, che potrebbe far capo tanto alla struttura parrocchiale che ospita il bot artificiale, quanto al team che ne ha curato la progettazione e l’installazione.
La circostanza, inoltre, che al momento dell’accensione del pulsante, una voce robotica inviti «a non divulgare informazioni personali», sembra del tutto insufficiente a cautelare il soggetto che si accosti al colloquio con il cyber-Christ, e ciò per due ordini di ragioni: in primis per la scarsa cogenza che una impersonale e verbale raccomandazione può suscitare, in assenza di un documento scritto che impegni la struttura o, quantomeno, chieda l’esplicito esonero di responsabilità della stessa ad opera del divulgante; in secondo luogo, perché sarebbe arduo estromettere ogni connotazione personale dal complesso di argomentazioni di tipo esistenziale alle quali lo stesso programma invita a riflettere. D’altronde, la menzionata esigenza di «personalizzare il dato spirituale» non potrebbe sortire esito produttivo senza, appunto, un contributo in tal senso da parte di chi si rivolge al confessionale digitale.
Un terreno spigoloso, dunque, che deve indurre a riflettere sulla necessità di tracciare dei confini tra uso e abuso dell’intelligenza artificiale, sempre più pervasiva degli svariati campi dell’esistenza umana e, senza dubbio, potenziale alleata del progresso comune, inteso anche nella sua declinazione fideistica. ma, allo stesso tempo, insidiosa antagonista di quel risvolto personalistico che è cardine di ogni esperienza di fede e che Cristo stesso ha reso primario con il mistero della Sua incarnazione[14], fatta di sangue e umanità, e un po’ meno di algoritmi e microchips. Ma anche una strada aperta a svariate possibilità, da percorrere con moderato ottimismo: la circostanza per cui gli adepti del confessionale artificiale non siano solo cattolici, ma anche seguaci di altre confessioni religiose, e persino atei e agnostici[15], può indurre a riflettere sulle potenzialità da applicare nell’ottica di una inclusione multiculturale. Invero, il nuovo Cristo digitale ‘deconfessionalizzato’ – oltre alle debolezze intrinseche evidenziate – potrebbe rendersi veicolo di una utilizzazione laica del messaggio religioso che assurga a fattore aggregante, laddove il multiculturalismo e l’intelligenza artificiale possono costituire acceleratori di innovative configurazioni di religiosità, aprendo la strada a stimolanti frontiere di ecumenismo pastorale. Ancora una volta si staglia il ruolo della religione come elemento di unione, che si pone al di là di ogni differenza e categorizzazione personale, e che risulta avere una funzione chiave nel superare le barriere divisorie che l’attuale, complesso, mondo in conflitto pone quotidianamente in ogni suo risvolto[16].
Francesco Salvatore Rea
[1] Dichiarazioni rilasciate, in forma anonima, al quotidiano britannico online Independent e disponibili al seguente indirizzo web https://www.independent.co.uk/tech/ai-jesus-church-switzerland-religion-b2653130.html: «I was surprised, it was so easy. And though it’s a machine, it gave me so much advice. Also, from a Christian point of view, I felt taken care of and I walked out really consoled».
[2] Comunicato consultabile in https://www.kathluzern.ch/meine-kirche/pfarreien-standorte/peterskapelle.
[3] Come riportato sul sito web del Progetto, «Die experimentelle Kunstinstallation “Deus in machina” öffnet einen Raum der Intimität. Besuchende teilen ihre Gedanken und Fragen in einem Beichtstuhl mit einem himmlischen Hologramm, wo Worte nur für vier Ohren bestimmt sind - jedoch ohne Beichte. Eine künstliche Intelligenz, die ästhetisch als Jesus reagiert, schafft vielleicht einen heiligen Moment». La dichiarazione è reperibile in https://www.kathluzern.ch/mein-engagement/deus-in-machina.
[4] Cfr. Thomas Weinandy, Sacrament of Mercy: A Spiritual & Practical Guide to Confession, Pauline Books & Media, Boston, 1997, p. 54 ss.; Fèlix María Arocena, Il sacramento della penitenza, realtà antropologica e culturale, in Scripta Theologica, 3, 2009, p. 756 ss.
[5] Cfr. Bruno Fabio Pighin, I sacramenti. Dottrina e disciplina canonica, Marcianum Press, Venezia, 2020, p. 248 ss.
[6] Cfr. Raimondo Frattallone, Direzione spirituale. Un cammino verso la pienezza della vita in Cristo, Las, Roma, 2006, p. 186.
[7] Cfr. Carlo Squarice, La confessione tra sacramentalità, direzione spirituale e richiesta di aiuto, in Credere oggi, 75, 1993, p. 13.
[8] Cfr. Alberto Perlasca, La tutela civile e penale delle «notizie» apprese «per ragione del proprio ministero» come applicazione del principio della libertà religiosa, in Quaderni di diritto ecclesiale, 2, 1998, p. 304 ss.
[9] Sul punto si rinvia a Geraldina Boni, Sigillo sacramentale e segreto ministeriale. La tutela tra diritto canonico e diritto secolare, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Rivista telematica (www.statoechiese.it), 34, 2019, p. 2 ss.
[10] Cfr. Theodor Schneider, Nuovo corso di dogmatica, vol. II, Queriniana, Brescia, 20052, p. 364 ss.
[11] Sul punto, cfr. Nico Tonti, Il sacramento della riconciliazione dinanzi alla pandemia di Covid-19. L’assoluzione generale senza previa confessione individuale e le disposizioni di diritto particolare di alcuni vescovi diocesani italiani, in Diritto e Religioni, 2, 2021, p. 102 ss.
[12] Cfr. Ioannes Paulus PP. II, Adhortatio Apostolica “Lettera circolare agli episcopati sull’uso dei mezzi tecnologici e rispetto del segreto della coscienza, 22 ottobre 2002, in www.penitenzieria.va. In argomento si veda, di recente, Raffaele Santoro, Paolo Palumbo, Federico Gravino, Diritto canonico digitale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2024, p. 340 ss.; si veda anche Claudia Ciotola, Confessione anche on line? Spunti di riflessione sul sacramento della penitenza, in Diritto e Religioni, 2, 2010, p. 13 ss.
[13] Così Fabio Balsamo, La protezione dei dati personali di natura religiosa, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2021, p. 7.
[14] Cfr. Gisbert Greshake, Il Dio Unitrino. Teologia trinitaria, Queriniana, Brescia, 20083, p. 362 ss.
[15] Dati attinti dal resoconto del progetto diffuso dal comunicato stampa della Peterskapelle e disponibile sul website della parrocchia https://www.kathluzern.ch/meine-kirche/pfarreien-standorte/peterskapelle.
[16] Cfr. Maria d’Arienzo, Pluralismo religioso e dialogo interculturale. L’inclusione giuridica delle diversità, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2018.