NEWSLETTER 5/2024
Numero 1/2024GIUSEPPE BATURI Stato e Chiesa a 40 anni dalla firma del Concordato
Il sermone tenuto dall’imam Brahim Baya il 17 maggio presso il Politecnico di Torino ha suscitato un vivace dibattito sulla compatibilità delle preghiere collettive nei luoghi pubblici con il principio di laicità.
Va subito specificato che il momento di preghiera è stato organizzato dai collettivi studenteschi che occupano da settimane gli spazi universitari, dunque senza alcun ruolo attivo della governance di Ateneo. Per tale ragione, la critica relativa alla difesa del principio di laicità acquisisce un peso diverso rispetto ad un’ulteriore e forse più pregnante questione, che è quella del rapporto tra tutela della libertà religiosa e contrasto al linguaggio religioso che oltre ad alimentare conflittualità, potrebbe contenere in sé anche forme di incitamento all’odio. Nel dettaglio, infatti, la preghiera, che di certo non rappresenta una lesione del sentimento religioso altrui, è stata accompagnata da un breve discorso politico nel quale, dopo un cenno alla rilevanza della jihad, si è parlato di “lotta di liberazione che è cominciata dal primo momento in cui i sionisti hanno calpestato quella terra benedetta”.
A costituire argomento di dibattito è stata anche la questione relativa alla mancanza di spazi specifici adibiti al culto all’interno di alcune università italiane, come dichiarato dall’imam Baya dinnanzi agli organi di stampa.
In linea generale, dunque, la critica ha riguardato la relazione tra “momento di preghiera” e “luogo istituzionale” e, nelle considerazioni dei diversi interventi sui media si è riscontrata una sorta di interpretazione univoca rispetto ad una specifica idea di laicità: ovvero quella di una laicità neutralizzante che prevede l’esclusione totale di qualsiasi espressione di fede religiosa nei luoghi pubblici. Un’accezione, questa, da distinguersi da quella indicata dalla Corte Costituzionale italiana, aperta alle possibilità di manifestazione esteriore del sentimento religioso, purché in modo plurale ed egualitario.
È pur vero che la laicità deve essere contemperata con altri interessi ed esigenze di vario carattere, ma la possibilità di prevedere spazi di preghiera e meditazione all’interno delle università potrebbe rispondere ad un principio di laicità coerente con i valori pluralistici riconosciuti nella carta costituzionale.
D’altro canto, la contestualizzazione dell’episodio può contribuire alla relativizzazione della lamentata violazione del principio di laicità, se si intende questo principio nella sua accezione, appunto, di tutela del pluralismo dei valori e della libertà religiosa.
Se il linguaggio violento sicuramente vanifica il tentativo di incasellare il dibattito nell’ambito di quelli riguardanti i principi di libertà religiosa e di laicità, prefigurare un modello di laicità interculturale che si concretizzi anche nella creazione di luoghi adibiti al culto all’interno delle università, diviene invece un valido contraltare alle concezioni neutralizzanti della dimensione religiosa nei luoghi istituzionali.
Difatti, non è la preghiera ad ingenerare una incompatibilità con il principio di laicità, ma il suo uso “strumentale” e “politicizzato”. Un momento di preghiera scevro da incitamenti all’odio e “retoriche politiche” che avesse previsto il coinvolgimento attivo di altre confessioni religiose, probabilmente, sarebbe stato dimostrativo di un’applicazione di una laicità inclusiva e nel contempo rispettosa dell’espressione di libertà religiosa.
Ignazio Barbetta