(19 gennaio 2025)
Ha destato notevole clamore la proposta di legge ordinaria del deputato Igor Iezzi, tesa ad introdurre nel nostro ordinamento il divieto di indossare nei luoghi pubblici un velo coprente e la condanna per chi impone l’utilizzo di tale indumento[1].
L’iniziativa dell’On. Iezzi, nei suoi quattro articoli, interviene a modificare in senso restrittivo la normativa del 1975 in tema di ordine pubblico[2], andando ad elidere la locuzione “salvo giustificato motivo” dal generico divieto di utilizzo di “mezzi” che rendono difficoltosa l’identificazione della persona. Viene prevista una deroga soltanto nei luoghi di culto, nei casi di necessità per proteggere la salute propria o di terzi, in materia di sicurezza stradale e per i partecipanti alle gare in occasione delle manifestazioni di carattere sportivo che prevedono l’uso di caschi, nonché nei casi di attività artistiche o di intrattenimento.
La proposta legislativa, inoltre, prevede l’introduzione nel Codice penale italiano del “delitto di costrizione all’occultamento del volto”, attraverso l’inserimento dell’art. 612 quater e la modifica degli articoli 6 e 9.1 della legge 5 febbraio 1992 n. 91[3], concernenti gli impedimenti all’ottenimento della cittadinanza. Il nuovo delitto andrebbe a sanzionare, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con la pena della detenzione fino a due anni e la multa fino a 30.000,00 euro oltre alla preclusione dalla richiesta di cittadinanza, chiunque costringa qualcuno all’occultamento del volto, con violenza, minaccia o abuso di autorità, ovvero in modo da cagionare nella persona un perdurante e grave stato di ansia o di paura, oppure ingenerando un fondato timore per l’incolumità dell’offeso o di un prossimo congiunto. La pena è aumentata della metà se il fatto è commesso in danno di un minore, di una donna o di una persona disabile. Nel caso di minori, inoltre, il giudice può anche valutare di attivare la decadenza dalla responsabilità genitoriale e l’allontanamento dalla residenza familiare.
Le motivazioni della proposta di legge, riportate nella relazione introduttiva, sono costituite oltre che dall’esigenza di favorire l’integrazione nel rispetto dell’art. 19 Cost., anche da ragioni di ordine pubblico.
Del resto, il diffuso timore causato dall’insorgenza del terrorismo sedicente islamico, unitamente alle conseguenze dei flussi migratori e la connotazione plurale della nostra società, ha inscindibilmente unito ogni riflessione sulla libertà religiosa al tema della sicurezza, favorendo una lettura tale da condizionare anche l’esercizio stesso di tale libertà[4].
La proposta di legge ha subito provocato diverse polemiche, in particolare provenienti dalle forze politiche di opposizione, che offrono lo spunto per una riflessione. La vicenda, infatti, solleva quesiti rilevanti sulla gestione dell’identità culturale e confessionale nella dimensione pubblica, evidenziando la necessità di bilanciare il rispetto della diversità con la tutela dei valori comuni, nel quadro dei principi di laicità e di libertà religiosa. La questione del velo, tuttavia, investe anche la contrapposizione tra sicurezza pubblica ed inclusione sociale, alla luce della presenza di tradizioni culturali che, nelle forme più estreme, arrivano all’imposizione dei propri modelli.
La relazione introduttiva della legge individua uno specifico obbiettivo, quello di predisporre misure concrete a difesa delle donne costrette a celare il proprio volto con un velo, venendo così indotte in uno stato di sottomissione. Viene dunque chiarito l’ambito dell’iniziativa, indirizzata al rispetto della libertà di culto nella sua dimensione individuale e collettiva nonché alla tutela della dignità della persona, dell’autodeterminazione della donna e della sua emancipazione, unitamente alla necessità di favorire l’inclusione delle comunità di immigrati, segnatamente delle donne, spesso discriminate da forme impositive di manifestazioni “irrituali” della libertà religiosa.
Dunque, il divieto sembra orientato ad impedire di indossare quei veli “islamici” più coprenti, come il niqab (il velo che lascia scoperti soltanto gli occhi) o il burqa (il velo integrale dotato di un reticolo innanzi al volto) e non anche l’hijab (che lascia scoperto il volto e coperta la testa), il khimar (che riveste la testa e la fronte fino alle sopracciglia) e lo shador (che copre dalla testa ai piedi la donna lasciando il viso scoperto)[5].
Nella shari’a non c’è una attestazione esplicita ed inconfutabile circa l’obbligatorietà o anche solo l’opportunità per le donne di indossare il velo nello spazio pubblico, se non limitatamente al momento della preghiera, nonostante opinioni dottrinarie divergenti, peraltro minoritarie[6]. Va infatti osservato che vi è un solo riferimento coranico all’hijab, quello di Cor XXXIII, 53[7], ove è evidente l’impiego del termine nel senso di cortina, di tenda da frapporre tra le mogli del Profeta Muhammad e i suoi visitatori, mentre viene consigliato da Cor XXXIII, 59 che le donne musulmane indossino un mantello (jilbab), al fine di essere distinte dalle donne non musulmane. Di contro, l’unico riferimento ad una prescrizione di copertura per le donne[8] è riferita alle “parti intime” ed alla non ostentazione delle “parti belle”[9].
La proposta di legge, che costituirebbe una novità per l’Italia poiché non esiste una norma nazionale specifica che vieti il velo integrale nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, non lo è per altri Paesi europei, come la Francia, dove vige un divieto per docenti e studentesse di indossare negli istituti scolastici non solo il velo ma anche l’abito tradizionale musulmano (abaya)[10], il Belgio[11], la Svizzera[12] e la Germania, dove la Corte costituzionale si dovrà pronunciare sulla legittimità del divieto posto in riferimento all’uso del velo nei Tribunali e sulla supposta violazione del principio di neutralità dello Stato[13].
La legge, sebbene molto divisiva tra le forze politiche attualmente in coalizione “dinamica” nello scenario italiano, avrebbe certamente il merito di reprimere quelle condotte costrittive volte a soggiogare le donne ed a sovvertire la loro volontà e capacità di autodeterminazione.
Tuttavia, anche in caso di approvazione della proposta di legge, risulterebbe oltremodo difficile sul piano probatorio riuscire a cristallizzare il carattere impositivo della condotta in mancanza di una specifica denuncia da parte delle vittime di minaccia o violenza. Dato il particolare humus in cui spesso queste dinamiche vengono a manifestarsi, che è quello della famiglia musulmana ove la privacy e l’onore sono sovente barriere difficilmente sormontabili, è statisticamente raro che la vittima, talvolta scoraggiata dal senso di vergogna, dal gap linguistico e dalla dipendenza economica, si decida a denunciare gli abusi subiti, preferendo accettare di coprire il volto e tacere.
Vasco Fronzoni
Fonte: Ansa, 19 gennaio 2025
https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/01/19/proposta-della-lega-contro-il-velo-stop-nei-luoghi-pubblici-_9df45aef-ae39-4986-bc00-81e4f72b359a.html
[1] Cfr. Proposta di legge C. 2195, presentata il 14 gennaio 2025, consultabile sul sito istituzionale della Camera al link https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=2195
[2] Legge 22 maggio 1975 n. 152, recante “Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico”, art. 5.
[3] Legge 5 febbraio 1992 n. 91, rubricata “Nuove norme sulla cittadinanza”.
[4] Sullo specifico punto, ex multis e più di recente, cfr. Francesco Alicino, Sicurezza, ordine pubblico e libertà religiosa di fronte al terrorismo internazionale, in Coscienza e Libertà – Religione e sicurezza integrata, 67/2024, 173 ss.; Natascia Marchei, Daniela Milani, (a cura di), Places of Worship, Security and the Public Space in the Case Law of the Italian Constitutional Court, Torino, 2023; Alessandro Negri, Radicalizzazione religiosa e de-radicalizzazione laica, Roma, 2023; Pierluigi Consorti, Diritto e religione. Basi e prospettive, Bari, 2023; Nicola Colaianni, Libertà di religione e sicurezza. Il test del terrorismo, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 8/2023; Gabriele Fattori (a cura di), Libertà religiosa e sicurezza. Con la prima traduzione italiana delle Linee Guida OSCE 2019 su Libertà di religione o convinzione e sicurezza, Pisa, 2021.
[5] Sul punto, cfr. Renata Pepicelli, Il velo nell’islam. Storia, politica, estetica, Carocci, Roma, 2018.
[6] Cfr. Muhammad Nasir Al-Din Al-Albani, Hijab ul mar’at lil-muslimati fil-Kitab wa as-Sunnah, Al-Maktab al-Islam, Beyrut, 1969; Jamal Badawi, Women & Men Dress in Islam accordino to the Qur’an and Sunnah, Ta-ha Publishers, London, 1993; Mohamed Ismail Menon Madani, Hijab. The Islamic Commandments of Hijab, Madania Publications, Buffalo, 2011.
[7] Per il testo coranico si fa riferimento a Alberto Ventura (a cura di), Ida Zilio Grandi (tradotto da), Il Corano, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2010.
[8] Cor XXIV, 31.
[9] Per approfondimenti sulle questioni giuridico-religiose del velo e sulla sua non obbligatorietà, tra altri, si rinvia a Bartolomeo Pirone, Sotto il velo dell’Islam. La donna, il matrimonio, la sessualità, Edizioni Terra Santa, Milano, 2016, 225 ss.; Giorgio Vercellin, Tra veli e turbanti. Rituali sociali e vita privata nei mondi dell’islam, Marsilio, Venezia, 2000, p. 113.
[10] Sul punto, Stefano Testa Bappenheim, Francia. Divieto di indossare l’abaya a scuola, in Diritto e Religioni, News, disponibile alla url https://www.rivistadirittoereligioni.com/newsfrancia-divieto-dindossare-labaya-a-scuola/
[11] https://www.rivistadirittoereligioni.com/1-2010-legislazione-e-giurisprudenza-internazionale-pdf/
[12] In Svizzera, Paese europeo ma non unionistico, dal 1 gennaio 2025 è entrato in vigore un divieto nazionale di dissimulazione del viso negli spazi pubblici, che non permette l'uso di burqa, niqab, passamontagna, caschi e altri accessori che impediscono il riconoscimento del volto. Questo divieto, già attivo in alcuni cantoni come Ticino e San Gallo, è il risultato di un referendum approvato nel 2021 con il 51,2% dei voti.
https://www.swissinfo.ch/ita/legge-divieto-dissimulazione-viso-in-vigore-dal-1-gennaio/88636145
[13] Cfr. Marcel Furstenau, German lay judge challenges a headscarf ban in Court, in DW, 13/07/2024, consultabile alla url https://www.dw.com/en/german-lay-judge-challenges-a-headscarf-ban-in-court/a-69648119