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Nota a Trib. Modena n. 1367/2023: la violazione della libertà religiosa costituisce danno morale risarcibile.
Benché sul fattore religioso come motivazione per il rifiuto di cure mediche vi sia già giurisprudenza anche della Cassazione (da ultimo, v. Cass. n. 26209/2022, n. 29469/2020, Cass. n. 28985/2019, Cass. n. 23676/2008; Cass. n. 4211/2007), la violazione della libertà religiosa come fattispecie causante un danno risarcibile pare abbastanza nuova in generale (Cass. 370/2023 risarcisce il danno non patrimoniale causato da un’erronea cremazione considerandola violazione dei diritti della personalità dei parenti; Cass. 220/2023, invece, respinge come bagattellare il danno alla libertà religiosa derivante dalla mancata possibilità di celebrare il Capodanno ebraico a causa della prolungata interruzione della fornitura di gas), e perciò di grande importanza appare l’annotata sentenza del Tribunale di Modena.
Il caso tratta d’una Testimone di Geova alle quale erano state praticate quattro emotrasfusioni, nonostante ella avesse, personalmente e tramite l’amministratore di sostegno, espresso chiaramente il rifiuto per motivi religiosi a tale trattamento sanitario, e tale manifestazione di volontà fosse stata registrata dai medici nella relativa cartella clinica.
In seguito alla sua morte, dunque, il marito nonché nominato suo amministratore di sostegno, adisce le vie legali: mentre la denuncia per violenza privata viene archiviata dal GIP, che non ha ritenuto penalmente rilevante la condotta tenuta dai medici, in sede civile, invece, il Tribunale di Modena accoglie in sede civile la richiesta di risarcimento per danno iure proprio e iure successionis.
Nella motivazione viene spiegato che il diniego alle trasfusioni era giustificato da un profondo credo religioso, al quale la defunta aderiva profondamente e convintamente: da qui derivava il dovere dei medici di prospettare terapie efficaci, ma al contempo d’attuarle con modalità il più possibile rispettose non solo della dignità e della libertà della paziente, ma anche della sua libertà religiosa.
Nonostante un dissenso così marcatamente manifestato, tuttavia, i medici hanno dato corso alla terapia emotrasfusionale, realizzando “un comportamento palesemente inadeguato e brutale”, e così facendo le hanno imposto decisioni terapeutiche contrarie alle sue convinzioni religiose, in tal modo “annientando la sua identità” personale, di cui le convinzioni religiose costituiscono parte essenziale.
L’esercizio della funzione di garanzia in capo ai medici, così come pure l’obbligo contrattuale di adempimento della prestazione, non può spingersi fino a travalicare diritti inviolabili d’ogni essere umano e costituzionalmente protetti (artt. 2, 13, 32 e 19 Cost.), quali la libertà personale, la dignità, la solidarietà, la libertà religiosa, che impongono una soglia di rispetto invalicabile da parte di chiunque.
La scelta delle modalità attuative del trattamento terapeutico si è così tradotta in un pregiudizio alla vita e ad altri diritti della defunta: ne consegue, dunque, l’obbligo risarcitorio ex artt. 1218, 1226 e 1228 c.c.
Quanto alla determinazione dell’entità del risarcimento del danno non patrimoniale – danno morale soggettivo - da riconoscersi, il Tribunale di Modena ritiene condivisibile la valutazione compiuta dalle nuove Tabelle del 2021del Tribunale di Milano, le quali hanno inquadrato le “trasfusioni di sangue in paziente Testimone di Geova” nella sezione relativa al “Danno all’autodeterminazione di eccezionale entità: liquidazione oltre euro 20.000,00” definendolo quale “gravissima sofferenza interiore conseguente al trattamento non preceduto da consenso ed alla lesione del diritto di autodeterminazione”.
In questi termini, dunque, considerati altresì le conseguenze del pregiudizio e il tempo di percezione dello stesso e, dunque, la durata della sofferenza (per quasi 40 giorni), appare equo procedere ad una personalizzazione del danno pari ad un valore complessivo d’euro 30.000; il diritto al risarcimento, perciò, deve ritenersi acquisito dalla donna mentre era ancora in vita, entrando così a far parte del suo patrimonio al momento del fatto illecito, prima del suo decesso, ed è, dunque, trasmissibile agli eredi.
Quanto al marito, considerato il legame che li univa sia nella vita sia anche nella condivisione della fede religiosa, lo stato d’animo e la sofferenza che una tale situazione deve aver determinato in lui costituiscono certamente danno morale, risarcibile in 8000 euro.
Stefano Testa Bappenheim