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16 settembre 2024
Ha suscitato notevole clamore la proposta di legge del deputato Francesco Emilio Borrelli volta ad introdurre nel Codice penale italiano il delitto di “apologia della criminalità organizzata e della criminalità mafiosa”, mediante l’inserimento dell’art. 414 ter c.p[1].
La nuova fattispecie criminosa mirerebbe a sanzionare con la pena della detenzione fino a tre anni «chiunque mediante spettacoli pubblici o la diffusione di testi o produzioni audio o video o attraverso i social network o qualsiasi mezzo telematico, inneggia a persone o fatti legati alla criminalità organizzata ed alla criminalità mafiosa o denigra persone distintesi per attività di qualunque tipo contro la criminalità organizzata […], salvo che il fatto non costituisca reato più grave»[2].
Con l’inserimento del nuovo articolo 414 ter c.p. si intenderebbe munire il diritto penale italiano di uno strumento in grado di contribuire concretamente alla repressione dei sempre più ripetuti episodi di esaltazione di malavitosi e delle logiche mafiose che si registrano soprattutto sui social networks. In effetti, l’esigenza di opporre un argine a tale dilagante fenomeno aveva già condotto alla presentazione di un’analoga proposta di legge (n. 405 del 19 ottobre 2022) di modifica dell’art. 414, ad iniziativa della deputata Ascari.
Nel commentare la proposta di legge, da più parti è stata sostenuto come l’applicazione del nuovo art. 414 ter c.p. possa essere astrattamente invocata anche nei confronti di chi effettui, nell’ambito delle processioni religiose, l’inchino di statue e simulacri in prossimità delle abitazioni dei malavitosi[3], pratica odiosa contro cui la Chiesa cattolica sta agendo negli ultimi anni con estremo impegno[4].
A nostro avviso, tuttavia, tali condotte, anche in caso di approvazione della proposta di legge, non risulterebbero sussumibili nella nuova ipotesi delittuosa di “apologia della criminalità organizzata e della criminalità mafiosa”, per due ordini di ragioni.
In primo luogo, va segnalato che la Corte di Cassazione, con la sentenza della Terza Sezione Penale del 20 gennaio 2022, n. 2242 ha ritenuto che la pratica degli inchini sotto le abitazioni dei boss, realizzando una manipolazione malavitosa delle finalità dei riti religiosi, integri l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 405 c.p. (Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa).
In seconda analisi, appare contestabile l’assimilabilità dei riti e delle processioni religiose, quali atti di culto, alla nozione di “spettacolo pubblico”, contenuta nell’attuale formulazione della proposta di legge. Tale interpretazione realizzerebbe, infatti, un’indebita sovrapposizione tra le manifestazioni della libertà di pensiero e di espressione, in cui è possibile ricomprendere gli “spettacoli pubblici”, e le espressioni del diritto di libertà religiosa quali i riti religiosi, che rinvengono nell’art. 405 c.p., oltre che negli artt. 403 e 404 c.p., il loro principale presidio penalistico a tutela del fondamentale diritto di libertà religiosa e di culto previsto dall’art. 19 Cost.
Ciò non toglie che la proposta di legge avrebbe l’importante merito di permettere la repressione di quelle condotte dirette a denigrare «persone distintesi per attività di qualunque tipo contro la criminalità organizzata», compresi i tanti sacerdoti, “martiri di mafia”, che hanno pagato con il prezzo della loro vita la loro azione di prevenzione e contrasto alle mafie, su tutti il beato don Pino Puglisi e don Peppe Diana.
Fabio Balsamo
[1] Già nel 2021 il deputato Francesco Emilio Borrelli aveva avanzato un’analoga proposta di legge, consultabile all’indirizzo https://www.cr.campania.it/crccmsintegrationservices/rest/services/documentale/prendiDocumentoStampa?id=151212.
[2] Il testo della proposta di legge è stato riportato da diversi organi di stampa. Cfr. Carcere per neomelodici che inneggiano ai boss e per chi fa inchino in processioni: la proposta di legge, in Adnkronos.com, 28 agosto 2024.
[3] Ibidem.
[4] In argomento mi sia permesso rinviare a Fabio Balsamo, Le normative canoniche antimafia, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2019.