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NEWSSTATI UNITI D’AMERICA Commento al parere della Corte Suprema dell’Alabama del 16 febbraio 2024, SC-2022-0515, SC-2022-0579 (Brigitta Marieclaire Catalano)
Il 2 marzo è stata inaugurata nella Chiesa di Sant’Ignazio del Museo Diocesano di Carpi la controversa mostra pittorica dell’artista locale, Andrea Saltini, che ripercorre alcuni episodi della vita di Gesù Cristo e della Vergine Maria. L’evento rappresenta un omaggio all’invito di Papa Francesco di approfondire il dialogo tra la Chiesa e l’arte contemporanea, ma le reazioni quasi immediate dei numerosi cittadini intervenuti per l’evento hanno sollevato pesanti polemiche contro la Diocesi che hanno, perfino, condotto al deposito di una denuncia presso la Procura della Repubblica di Modena, contro l'arcivescovo Erio Castellucci, e i suoi collaboratori, ai quali i fedeli contestano ex art. 403 cp. il reato di vilipendio della religione cattolica. L’interpretazione artistica del racconto evangelico è percepita dai fedeli come dissacrante ed offensiva della sensibilità religiosa. A scatenare le proteste è, in particolare, un dipinto, peraltro posto innanzi all’altare principale ove sono custodite reliquie di santi, intitolato “INRI-San Longino”, raffigurante la deposizione di Cristo, nel quadro la particolare posizione della figura maschile china sul corpo del Cristo viene contestata perché eroticamente allusiva. I malumori si diffondono insieme alle richieste di intervento rivolte al vescovo. Ma la risposta della Diocesi sembra acuire i toni della protesta, piuttosto che smorzarli, in quanto il Vicario generale della diocesi, monsignor Ermenegildo Manicardi, agisce in sostegno dell’iniziativa artistica, curata da Don Carlo Bellini, emanando un comunicato in cui inserisce l’esperimento di dialogo tra la Diocesi e l’artista Saltini, peraltro ateo, quindi non certo animato da sentimenti religiosamente qualificabili, almeno in positivo, all’interno del percorso sinodale cui è chiamata l’intera comunità cattolica includendo, in questo. Nello stesso comunicato il Vicario muove ai fedeli l’accusa di nutrire pregiudizi infondati e controproducenti ai fini della causa sinodale stessa, che rischiano di compromettere il dialogo della Chiesa col mondo contemporaneo, dialogo tra spiritualità e arte, tanto auspicato dallo stesso attuale pontefice. Rimaste inascoltate le proteste dei fedeli, manifestate anche mediante l’organizzazione di atti di culto riparatori, come sit-in di preghiera e veglie dinnanzi alla Chiesa ritenuta “profanata”, i fedeli hanno formalmente costituito un comitato chiamato “Quanta cura” che ha dato incarico ad un legale di rivolgersi al Procuratore di Modena con una formale denuncia, e in più una richiesta di provvedimento cautelare per interrompere la reiterazione del reato ipotizzato. La questione evidenzia due profili di criticità, che in questa sede possono solo essere accennati. Il primo riguarda i rapporti interni tra i fedeli ed i loro legittimi pastori. In sostanza i fedeli lamentano un atteggiamento autoritativo del vescovo e dei suoi collaboratori che non tiene conto della lecita rivendicazione del loro sensus fidei, che ritengono si collochi nella tradizione delle credenze essenziali della Chiesa Cattolica come specificato da Lumen gentium n. 12, Codice del 1983 can. 212 § 3 e Catechismo n. 907. Va ricordato comunque che tale sensus fidei non è una mera opinione pubblica ecclesiale “e invocarlo per contestare gli insegnamenti del Magistero sarebbe impensabile, poiché (…) non può svilupparsi autenticamente nei credenti, se non nella misura in cui essi partecipano pienamente alla vita della Chiesa, e ciò esige un'adesione responsabile al Magistero, al deposito della fede” (Benedetto XVI, Venerdì, 7 dicembre 2012, Discorso alla Commissione Teologica Internazionale). In questa vicenda fedeli e alti prelati si accusano vicendevolmente di ledere, con i loro rispettivi atteggiamenti, il principio indefettibile della comunione ecclesiale.
La seconda questione è, infatti, che i fedeli offesi nel loro sentimento religioso dalla mostra ritenuta blasfema e dal contegno omissivo della Curia rispetto alle loro doglianze, perfino derisi e accusati di bigottismo e di compromettere la stessa comunione e il cammino sinodale, sembrano preferire la via del ricorso al giudice penale dello Stato. La denuncia depositata presso Procura della Repubblica è la strada percorsa senza avere esperito tutti agli strumenti di tutela offerti dall’ordinamento canonico, ai quali rinvia genericamente il can. 221 del codice, col fine di “compellere partes ad concordiam”, nel caso di contenzioso tra il popolo e l’autorità gerarchica. Nell’ipotesi in cui i fedeli potrebbero rilevare un uso arbitrario della potestas (can. 1389 CIC) e volere difendere non tanto il bene giuridico di un singolo quanto quello dell’intera comunità ecclesiale, specialmente quando si ritiene sia in pericolo ratione peccati. In questa circostanza, ad esempio, invocata dai fedeli l’idea di scandalum (2284-2287 CCC) si rientrerebbe nell’ambito di operatività del diritto penale canonico e si potrebbe ipotizzare in capo al vescovo una responsabilità ex can. 1326 § 2 comma per la commissione dei delitti previsti dai canoni 1368 e 1369 abusando della propria autorità. Ma lasciando come estremamente residuale l’ipotesi di delictum, oltretutto non formulata dai fedeli, questi avrebbero potuto continuare ad esercitare il diritto di petizione ex can 212 CIC, magari adendo l’autorità ecclesiastica superiore, così evitando rischiose derive giurisdizionalistiche. La questione è certamente delicata e il clamore suscitato richiederà un nuovo intervento dell’autorità ecclesiastica che serva a risanare l’apparente vulnus alla comunione ecclesiale. Ad ogni modo in questa controversa circostanza, in cui si discute sugli effetti prodotti da un’opera artistica di contenuto sì religioso, ma nel senso di personale interpretazione, ma non qualificabile come ufficialmente sacro, sembra risuonare forte il monito di Paolo VI agli artisti, nel dicembre del 1965, quando chiamandoli “custodi della bellezza nel mondo” li esortava a liberarsi “dalla ricerca di espressioni stravaganti o malsane”.
Cristiana Maria Pettinato