Numero 2/2011FABIO FRANCESCHI Libertà della Chiesa e laicità dello Stato nell’insegnamento di Benedetto XVI
Numero 1/2011CARMELA VENTRELLA MANCINI La sinfonia di Sacerdotium e Imperium nei concilii generali e particolari dei secoli VI e VII
(21 gennaio 2025)
Dopo un lavoro complesso e articolato, vede la luce la quarta edizione del documento La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari[1], nel quale sono recepite e attuate le disposizioni generali previste nella Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis[2], pubblicata nel 2016 dalla Congregazione (ora, Dicastero) per il Clero.
Dal momento che la formazione dei candidati al sacerdozio riveste un’importanza centrale per la Chiesa universale e per le Chiese particolari, il can. 242 CIC stabilisce che la regolamentazione del percorso che i seminaristi devono compiere sia posta su due livelli, uno generale, fissato dalla Sede Apostolica, e uno particolare, di competenza di ciascuna Conferenza Episcopale.
L’obiettivo è favorire la declinazione dell’iter secondo le esigenze dell’ambiente sociale e culturale in cui il ministro sacro si troverà; tuttavia, per garantire uniformità nei punti fondamentali della crescita umana e spirituale dei seminaristi, ciascuna ratio nationalis deve ricevere la conferma della Santa Sede prima di entrare in vigore[3].
Circa le nuove norme per i seminari, entrate in vigore lo scorso 9 gennaio ad experimentum per tre anni, la CEI ha voluto sottolineare la progressività del cammino verso l’ordinazione presbiterale e, pertanto, ha delineato con precisione le tappe propedeutica, discepolare, configuratrice e di sintesi vocazionale introdotte dai §§57-79 RF.
In particolare, la fase propedeutica è richiesta come prerequisito per l’ammissione al Seminario maggiore, pure per quanti provengono dal Seminario minore e da altre comunità vocazionali (§26 FP)[4]. È condotta per un tempo compreso tra uno e due anni in una comunità distinta e con responsabili differenti da quelli del Seminario maggiore[5]. Essa si prefigge lo scopo di perfezionare il discernimento vocazionale, di avvicinare i giovani alla piena conoscenza di sé e alla ricchezza del Battesimo, di introdurli all’ascolto orante della Parola di Dio, di renderli soggetti attivi nella Chiesa e nel mondo.
L’esigenza che i pastori hanno avvertito è quella di affrontare le carenze non soltanto spirituali, ma anche umane, dei futuri candidati al sacerdozio, i quali vengono da un tessuto sociale frammentato e per nulla o scarsamente intriso di cultura cristiana. Non è un caso che si proponga, oltre alla lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica e di alcuni testi filosofici e teologici, l’avvicinamento guidato alla letteratura e allo studio delle lingue classiche.
Con l’eventuale ammissione alla fase discepolare, si ha l’ingresso al Seminario vero e proprio, luogo in cui si presume la maturità di fede, sia sul versante della percezione della chiamata divina alla missione del presbitero, sia su quello della saldezza psicoaffettiva, necessaria all’orientamento celibatario, inteso non in senso egoistico, ma di totale dono di sé (§40 FP). Ha durata biennale e prevede il compimento degli studi filosofici (§§51-52 FP).
È in questo momento che devono trovare piena risoluzione, accertata mediante un dialogo sincero coi formatori, le eventuali tensioni che possono albergare nella sfera personale, non esclusa quella sessuale. A tal proposito, il §44 FP ricorda che la Chiesa non può ammettere «coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay»[6]; ciononostante, il discernimento deve avere carattere globale sulla singola persona, senza procedere a soluzioni automatiche e irrispettose dalla dignità.
È ovvio che questa parte abbia attirato l’interesse della stampa, data la delicatezza dell’assunto e i differenti punti di vista. Invece di leggerla come un superamento della disciplina ecclesiastica – impossibile, poiché FP è un documento attuativo della RF, che ha in materia solidi fondamenti nel diritto naturale, nel magistero e nella teologia morale[7] – si dovrebbe considerare la formulazione scelta dalla CEI quale segnale di paterno accompagnamento di ogni seminarista verso il raggiungimento del dominio di sé e della castità, senza dimenticare il dovere dei formatori per un trattamento che non svilisca la persona e la sua integrità psichica.
L’ammissione agli Ordini Sacri apre la tappa configuratrice, un quadriennio che non si limita agli studi teologici, ma deve condurre il seminarista all’incontro con la comunità, intessendo relazioni con la Chiesa locale, il presbiterio, le famiglie e le figure ecclesiali (§54 FP). Momento caratterizzante del percorso è l’anno di esperienza pastorale, caritativa e missionaria, preferibilmente coincidente con il periodo immediatamente successivo alla fase discepolare. Tra le attività proposte vi è il servizio nelle parrocchie, l’esperienza lavorativa, la missione all’estero, l’inserimento stabile in realtà di beneficenza. Nelle intenzioni dei Vescovi italiani è uno strumento per evitare quel clericalismo che comporta distanza e inavvicinabilità tra il futuro ministro sacro e il Popolo di Dio affidatogli.
Per sottolineare l’indole battesimale dei ministeri del lettorato e dell’accolitato e superare la loro concezione di cursus honorum, si prevede che il rito di istituzione coinvolga nella medesima celebrazione sia quanti si avviano verso il sacerdozio, sia gli altri laici.
Con l’ordinazione diaconale, la fase si conclude, dal momento che il chierico viene configurato definitivamente come Cristo servo di tutti.
Nella logica, appunto, del servizio, il diacono transeunte deve avere un dinamismo missionario, accentuato nella fase di sintesi vocazionale, la quale avrà come centro non più il seminario, ma un contesto pastorale scelto dal Vescovo diocesano previa consultazione coi formatori. Al termine dell’anno “di sintesi”, il diacono riceverà l’ordinazione presbiterale.
È interessante notare che FB cerca di mantenere i legami con la comunità seminaristica: si consiglia, infatti, all’Ordinario di confrontarsi con il Rettore prima della destinazione dei novelli sacerdoti, con l’obiettivo di selezionare gli ambienti più adatti per l’armonico sviluppo del ministro sacro (§63 FP).
Maggiore flessibilità, temperata da prudenza, è concessa nel caso delle vocazioni adulte, ossia di soggetti che iniziano la formazione dopo il compimento dei quarant’anni: per l’ammissione è imprescindibile la testimonianza della comunità di provenienza sulla fondatezza delle ragioni che spingono la persona a una scelta di rottura radicale. Tuttavia, salva la competenza delle Conferenze Episcopali Regionali sull’istituzione di Seminari appositi, è prevista l’elaborazione di un programma personalizzato, a cura dell’Ordinario.
Tra le novità, si segnala l’accento positivo sui social network, che possono essere utilizzati dai seminaristi come strumenti di evangelizzazione. Tuttavia, i formatori hanno il compito di accompagnare i giovani verso la consapevolezza delle potenzialità e dei rischi di tali mezzi (§86 FP).
Nell’ottica della prevenzione degli abusi, si stabilisce che i formatori si raccordino coi responsabili degli uffici preposti per definire itinerari di formazione specifica su questo argomento (§§106-107 FP).
Una profonda sensibilità sinodale, infine, è auspicata nei processi decisionali: ad ogni passaggio che comporta una valutazione sull’idoneità del candidato, il Rettore ha l’obbligo di chiedere il parere dei propri collaboratori, dei docenti, dei parroci che hanno accolto il seminarista. La pluralità di voci è raggiunta grazie all’apporto di figure femminili, chiamate a dare il loro apporto valutativo (§§67-68 FP).
È da valutare positivamente, infine, la sottolineatura sulla pubblicità e sulla trasparenza sui motivi degli atti riguardanti la vita seminaristica, soprattutto quelli che possono avere un impatto pregiudizievole (§71 FP).
Andrea Miccichè
[1] Pubblicato sul sito ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana il 9 gennaio 2025, https://www.chiesacattolica.it/la-formazione-dei-presbiteri-nelle-chiese-in-italia-orientamenti-e-norme-per-i-seminari/. D’ora in poi si indicherà con l’abbreviazione FP.
[2] Cfr. Congregazione per il Clero, Il Dono della vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, in L’Osservatore Romano, 8 dicembre 2016. Nel prosieguo sarà indicata con l’abbreviazione RF.
[3] Cfr. C.J. Errázuriz, Corso fondamentale sul diritto nella Chiesa, II, Giuffrè, Milano, 2017, 72-78.
[4] La precedente edizione della Ratio nationalis, esonerava in linea generale quanti provenivano dal seminario minore dal periodo propedeutico (§47).
[5] Il §60 RF si limita a definire come opportuna tale distinzione.
[6] Sono le parole del §199 RF, che a sua volta cita Congregazione per l’Educazione Cattolica, Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, n. 2, AAS 97 (2005), 1009.
[7] Cfr. 2357-2359 CCC.