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10 settembre 2024
Il Ferragosto 2024 è stato contrassegnato per la Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro dalla particolare vicenda di un uomo che si era presentato in diverse parrocchie dell’aretino, dichiarandosi sacerdote cattolico ed incardinato nella stessa diocesi, concelebrando in diverse occasioni l’eucarestia o partecipando ad azioni liturgiche. A seguito di diverse segnalazioni, che mettevano in dubbio la condizione sacerdotale dell’uomo, con una prima Nota del 17 agosto 2024[1], pubblicata in rete e poi ritirata, la Curia di Arezzo-Cortona-Sansepolcro specificava non essere veritiera la presentazione che faceva di sé il sig. XY: “in quanto egli non è sacerdote incardinato nella nostra diocesi e, per la verità, neanche risulta che sia sacerdote cattolico” e invitava la comunità cattolica a non dargli credito. A seguito di un incontro tra il Vescovo diocesano e il sig. XY, e dopo aver esaminato la documentazione presentata da quest’ultimo, con ulteriore Nota del 20 agosto 2024[2], la Curia precisava che l’ordinazione ricevuta dal sig. XY nella Old catholic apostolic church (con sede nel Regno Unito) non potesse essere riconosciuta come valida nella Chiesa cattolica e di conseguenza lo stesso non avrebbe potuto in nessun caso presiedere o concelebrare la celebrazione eucaristica, amministrare i sacramenti e compiere qualsiasi altro atto riservato ai sacerdoti della Chiesa cattolica.
Qualche mese prima, poi, sempre il Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro si era ritrovato involontariamente coinvolto nel caso, seguito da grande clamore mediatico, di un diacono che aveva “concelebrato” una Messa - ovviamente in modo invalido ed illecito - presieduta proprio dal presule aretino presso la cappella delle apparizioni di Fatima. Sul caso la Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro con Nota precisava: “Per amore di verità, tuttavia, egli intende segnalare che non conosceva il diacono in questione, come del resto non conosceva i concelebranti di quella Messa che non fossero sacerdoti della nostra diocesi. Del resto, nei santuari e in altri luoghi di pellegrinaggio come Fatima, dove è sempre molto numerosa e varia la presenza di vescovi, sacerdoti e diaconi provenienti da diocesi e, sovente, da nazioni diverse, non compete a chi occasionalmente presiede la celebrazione eucaristica verificare che gli altri sacerdoti e diaconi presenti siano effettivamente in possesso dell’ordine sacro e delle altre condizioni necessarie per la celebrazione dei sacramenti, né potrebbe concretamente farlo”[3].
Le vicende ricordate, abusi gravi non meno che fatti in grado di integrare delitti penali canonici, non isolati purtroppo stando alle cronache, riportano all’attenzione la necessità di una riflessione sulla rilevanza e sulla funzione odierna del celebret[4], attestazione in sé utile quanto evidentemente desueta nella pratica e superata nella sua regolamentazione.
Il celebret, quale autorizzazione a celebrare rilasciata dall’autorità ecclesiastica ad un sacerdote (e diacono) cattolico in forma di un cartellino o di format stampato, in ragione della sua deteriorabilità e/o della necessità del suo rinnovo periodico, spesso non effettuato dai possessori, ha nel tempo perso importanza, tenuto conto che lo strumento non sempre riesce a restituire una “fotografia” attuale della condizione personale del chierico, la cui “storia” individuale ed ecclesiale, e soprattutto la cui condizione giuridica, potrebbero subire, anche in breve tempo, modificazioni incidenti sul suo status ministeriale, impossibili da conoscere o rilevare da un tesserino cartaceo, rilasciato spesso anni addietro o non rinnovato.
Vero è che dinanzi ad un tesserino celebret “scaduto” o non rinnovato, il parroco/rettore di una chiesa che permetta al presunto sacerdote di celebrare agisce con leggerezza e superficialità, ma è anche da tener presente che l’affidamento in buona fede a quanto il “collega” afferma di sé e la sempre crescente necessità di collaborazioni pastorali in parrocchia, anche una tantum, portano di solito ad evitare indagini più approfondite, salvo poi ritrovarsi dinanzi a truffe che coinvolgono il Popolo di Dio, quasi sempre con finalità lucrative, a profanazioni e abusi gravi, che creano scandalo e divisione, minando soprattutto la sacralità dei beni più preziosi che la Chiesa cattolica dovrebbe custodire e difendere, quelli sacramentali.
Il can. 903 del Codice di diritto canonico[5] stabilisce: “Un sacerdote sia ammesso a celebrare anche se sconosciuto al rettore della Chiesa, purché esibisca la lettera commendatizia del suo Ordinario o del suo Superiore, data almeno entro l'anno, oppure si possa prudentemente ritenere che non sia impedito di celebrare”. La lettera commendatizia[6] di cui al canone equivale comunemente al tesserino celebret rilasciato dal superiore al chierico. Sebbene il can. 903 faccia espressamente riferimento alla celebrazione eucaristica, è da ritenersi che il celebret vada richiesto ed esibito anche nel caso dell’amministrazione di altri sacramenti, potendo (rectius dovendo) contenere, ad esempio, la dichiarazione circa la facoltà del sacerdote di amministrare il sacramento della penitenza. Il rinnovo del celebret, come previsto dal can. 903, è annuale e ciò certamente ha contribuito a rendere nel tempo meno efficiente lo strumento, tenuto conto del lavoro richiesto alla Curie nel procedere con frequenza al rinnovo e alla nuova stampa delle tessere/lettere per tutto il clero. Si sono, quindi, non di rado create consuetudini contrarie alla norma che, con l’Istruzione Redemptionis sacramentum del 2004[7], l’allora Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti intimava di eliminare, senza contare i profili di rilevanza penale emergenti e che attengono, almeno, alle fattispecie di cui ai cann. 1041, 6° (in tema irregolarità a ricevere gli ordini), 1379 (in tema di attenta celebrazione eucaristica o tentata assoluzione sacramentale), 1382 (in tema di profanazione), 1383 (in tema di illegittimo profitto dall’elemosina della Messa), 1391 (in tema di redazione falsa o alterazione di un documento ecclesiastico)[8].
In questi 40 anni sono state avanzate diverse proposte di modifica o riforma del celebret, tutte evidentemente non adeguate, se la cronaca ancora ci racconta le storie di falsi sacerdoti che abusano delle buona fede dei fedeli.
Una soluzione efficace per rinnovare lo strumento celebret potrebbe essere offerta dall’ausilio della tecnologia digitale, che risulta oggi preziosa, se non irrinunciabile, in numerosi ambiti dell’esperienza e della vita ecclesiale[9].
Una versione di celebret 5.0 è stata già proposta e condivisa dai vescovi francesi nel 2021 su base nazionale[10] e resa effettiva a partire dal 2023. La tessera celebret digitale realizzata dai vescovi francesi, sulla falsa riga di una carta di identità elettronica, riporta i dati essenziali del chierico e permette, nel caso specifico con un sistema di QRCode[11], di verificare subito, e senza violare la privacy del chierico, se sia abilitato o meno a svolgere le attività liturgiche o quali gli siano interdette, pur senza specificare la natura delle restrizioni. Nel caso francese il celebret informa, con un sistema di colori (verde/rosso), se il chierico può celebrare l’eucarestia ed amministrare gli altri sacramenti, celebrare i funerali, avere contatti con giovani e minori, partecipare a trasmissioni televisive, radiofoniche o in rete. La scheda completa e specifica del chierico è, poi, sempre accessibile, ma solo a lui e all’autorità ecclesiastica, che è tenuta periodicamente ad aggiornare il database con le informazioni del vescovo/sacerdote/diacono.
Con questo sistema si supera, in particolare, la problematica legata al rinnovo periodico del celebret cartaceo e la “posizione” del chierico risulta sempre aggiornata. Con un cellulare o con un tablet, quindi, inquadrando il QRCode, chi ha la responsabilità della verifica può istantaneamente sapere, e con dati correnti, se il chierico possa svolgere o meno determinate funzioni.
Uno specifico Dossier è stato realizzato nel maggio 2023[12] dalla Conferenza episcopale francese chiarendo che la tessera celebret digitale nazionale deve contenere una foto identificativa del chierico, le informazioni di incardinazione, il nome, il cognome, la data di nascita, il luogo di nascita e le informazioni concernenti l’ordinazione. Sulla tessera compare altresì il QRCode da scansionare. Il sistema, ormai in vigore in Francia, interessa 13.000 sacerdoti e 3000 diaconi transeunti e permanenti.
Non tutti i sacerdoti, però, hanno accettato di buon grado il passaggio a questa versione digitale del celebret, tanto che, in alcuni casi, come per le Diocesi di Quimper e Leon, Cahors, Evry, il Vescovo ha dovuto emettere un decreto ad hoc stabilendo il termine ultimo (mese di giugno 2024) entro cui tutti i chierici incardinati o assegnati alla sua Diocesi avessero dovuto dotarsi del celebret digitale[13].
Anche dal punto di vista teologico sono state avanzate delle critiche al celebret digitale nazionale, tacciato di non rappresentare più la relazione sacramentale tra Vescovo e sacerdote, ma di divenire una semplice attestazione di idoneità, alla stregua di quella che si riceve anche per svolgere altre professioni, se non addirittura uno strumento di controllo dei sacerdoti e sulle loro funzioni.
Nonostante le critiche e i miglioramenti/adattamenti che potranno trovarsi, ispirandosi, ad esempio, a modelli consolidati come quelli della Carta di identità elettronica e delle app per la lettura dei dati o potendo giungere a dematerializzare il celebret grazie alla connettività NCF e ragionando altresì sull’opportunità di presentare i dati in più lingue[14], la strada aperta dai vescovi francesi appare pienamente condivisibile, al passo con i tempi, utile, in grado di ridare vitalità ed efficacia allo strumento del celebret e, si spera, possa essere di esempio per tutte le Conferenze episcopali. Potrebbe, così, crearsi un databaseuniversale contenente i dati dei chierici, periodicamente aggiornati, sotto la supervisione del Dicastero per il Clero che, in futuro, potrebbe fornire indirizzi per uniformare le discipline particolari e le prassi dei celebret digitali nazionali.
Per l’Italia, si potrebbe partire dal ricentrare la responsabilità della FACI (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia) che dal 2002, in base ad un accordo con la C.E.I., ha la facoltà di emettere la tessera celebret per tutte le diocesi che ne facciamo richiesta[15]. Si potrebbe, quindi, realizzare un database nazionale implementato dai dati provenienti dalle diverse diocesi, in base ai quali giungere all’emissione del celebret digitale a cura dell’ente competente a livello nazionale. Non si tratterebbe neppure di un lavoro particolarmente gravoso ed impegnativo per le diocesi, tenuto conto del numero complessivo odierno dei chierici italiani. Né può ritenersi inutile o ultroneo il ricorso al celebret digitale avanzando come giustificazione la dimensione piccola di una determinata comunità diocesana, in quanto la mobilità umana oggi interessa ogni luogo del mondo e la cronaca ci dimostra che proprio nei contesti più piccoli e periferici è più facile che si realizzino abusi e truffe da parte di “falsi preti”. Il celebret digitale metterebbe, poi, anche al riparo, per quanto possibile, da proiezioni distorte o esorbitanti nel campo del dialogo ecumenico ed interreligioso.
Ulteriore sviluppo potrebbe essere quello di rendere fruibile le informazioni del celebret a tutti i fedeli che, in questo modo, potrebbero avere un utile servizio da utilizzare in caso di dubbio circa la condizione di un determinato chierico (oggi resa ancora più incerta dalla generale elusione dell’obbligo di indossare l’abito ecclesiastico previsto dal can. 284) con cui ci si relaziona spiritualmente o sacramentalmente, prevenendo frodi, abusi e preservando integro il diritto ai beni spirituali. Non deve ritenersi eccessiva o lesiva del diritto alla privacy la richiesta da parte di un fedele laico, ad esempio, di poter scansionare il celebret digitale di un chierico. Il can. 223 ricorda, infatti, come chiarito dal Dicastero per i Testi Legislativi[16], che: “l’autorità ecclesiastica, in quanto ha la funzione di procurare il bene comune, possiede anche la potestà di moderare l’esercizio dei diritti dei singoli, nel senso di regolarli con provvedimenti di carattere generale per circoscrivere il loro concreto esercizio secondo le esigenze del bene comune […] proprio per dare certezza del diritto a tutela della persona del fedele”.
In conclusione, non si tratta di “burocratizzare” ulteriormente la vita ecclesiale quanto di “difenderne la dignità”[17], né di trasformare la fiducia fraterna tra i sacerdoti e quella tra chierici e laici in diffidenza o sospetto. Si tratta di prendere consapevolezza che viviamo un “cambiamento d’epoca”[18] e le tecnologie digitali, anche in questo caso, possono facilitare processi così importanti ed assicurare tutele e trasparenza.
Paolo Palumbo
Università Giustino Fortunato
[1] La notizia è reperibile sul sito https://www.arezzonotizie.it/
[2] Cfr. https://diocesi.arezzo.it/2024/08/20/nota-di-curia-11/
[3] Cfr. https://diocesi.arezzo.it/2024/08/09/nota-di-curia-10/
[4] Cfr. Egidio Miragoli, Il celebret, in Quaderni di Diritto ecclesiale, 4, 1994, pp. 435-442.
[5] Cfr. CCEO, can. 703
[6] Cfr. le prescrizioni del Concilio di Calcedonia (451) e del Concilio di Trento (1545-1563).
[7] Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis sacramentum, su alcune che si devono osservare e evitare circa la Santissima Eucarestia, 25 marzo 2004, n. 111, il cui testo integrale è edito nel sito www.vatican.va.
[8] Cfr. Bruno Fabio Pighin, Il nuovo sistema penale della Chiesa, Marcianum press, Venezia, 2021, passim.
[9] Cfr. Raffaele Santoro, Paolo Palumbo, Federico Gravino, Diritto canonico digitale, Editoriale scientifica, Napoli, 2024.
[10] Cfr. https://eglise.catholique.fr/sengager-dans-la-societe/lutter-contre-pedophilie/520492-resolutions-votees-par-les-eveques-de-france-en-assemblee-pleniere-le-8-novembre-2021/. Tra le motivazioni che hanno condotto i Vescovi francesi alla decisione di adottare il celebret digitale nazionale c’è anche quella della prevenzione e della tutela in tema di abuso sui minori: https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/in-francia-la-lotta-alla-abusipassa-anche-da-un-co
[11] Nella CIE è invece presente un microchip contactless.
[12] Cfr. https://eglise.catholique.fr/wp-content/uploads/sites/2/2023/05/DP-Celebret-mai-2023.pdf
[13] Cfr. https://eglise.catholique.fr/
[14] Non solo il latino, come suggerito da Egidio Miragoli, Il celebret, cit., p. 441.
[15] Unitamente alla competenza propria che ogni Vescovo diocesano ha di produrre il celebret per i chierici del suo territorio.
[16] Dicastero per i Testi Legislativi, Chiarimenti circa l’applicazione del can. 223 § 2 CIC, in
Communicationes, 44, 2010, pp. 280-281.
[17] Egidio Miragoli, Il celebret, cit., p. 442.
[18] Francis, Discorso del Santo Padre Francesco alla Curia Romana per gli Auguri di Natale, 21 dicembre 2019, il cui testo integrale è edito nel sito www.vatican.va.