Quaderno monografico n. 2 CATERINA GAGLIARDI Autonomia contrattuale e divieto di discriminazione religiosa nell’ordinamento giuridico italiano
NEWS ITALIA Prata Sannita. Processione e pietà popolare: la difficoltà di “camminare insieme” (Paolo Palumbo)
Pochi mesi fa si era dato conto (https://www.rivistadirittoereligioni.com/newsitalia-sullordinanza-del-comune-di-monfalcone-che-vieta-le-attivita-di-culto-per-assenza-di-destinazione-duso-dellimmobile-marco-croce/)delle polemiche e delle problematiche suscitate dall’Ordinanza dirigenziale n. 03/EP del 15/11/2023 del Comune di Monfalcone che imponeva la cessazione delle attività di culto che venivano effettuate in una sala a disposizione del Centro Islamico Darus Salaam, a causa dell’assenza dell’idoneo titolo edilizio.
La scorsa settimana, a distanza di soli due giorni, il contenzioso tra le associazioni culturali islamiche e il Comune di Monfalcone è sfociato in due sentenze del giudice amministrativo: una del T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sez. I, n. 110/2024; una del Consiglio di Stato, sez. II, n. 1024/2024.
La decisione del Consiglio di Stato ha a oggetto proprio il contenzioso tra il Comune e il Centro Islamico Darus Salaam: la domanda cautelare riguardante il ricorso contro la sopra menzionata ordinanza dirigenziale era stata rigettata dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia; il supremo consesso invece la accoglie parzialmente con una soluzione assai interessante. Pur confermando la decisione del T.A.R. riguardo alla impossibilità di utilizzare come fosse un edificio di culto la sede dell’associazione in assenza di un cambio di destinazione d’uso, impone un tavolo di concertazione entro una settimana, richiamando il Comune ai suoi doveri riguardo alla “mappatura” delle esigenze religiose della popolazione.
Nel mentre viene fissata celermente la definizione del merito del contenzioso, il Consiglio di Stato sancisce che in questa fase cautelare “vada preservato un adeguato bilanciamento tra i contrapposti interessi, pubblico (alla salvaguardia della pubblica incolumità, in connessione con l’incontestato sovraffollamento registrato nei locali) e privato (all’esercizio del culto anche in forma collettiva)”; ciò impone l’adozione di misure interinali alternative “che consentano ai credenti di potere comunque osservare le prescrizioni religiose”. In particolare, “l’Amministrazione è tenuta ad individuare, in contraddittorio con gli interessati e con spirito di reciproca e leale collaborazione … siti alternativi accessibili e dignitosi per consentire ai credenti l’esercizio della preghiera, prendendo in attenta considerazione le osservazioni critiche mosse dall’Associazione rispetto ai luoghi nel frattempo individuati dalla Questura”.
La decisione del T.A.R Friuli ha invece a oggetto un altro contenzioso con altra associazione, il Centro Culturale Islamico Baitus Salat: in questo caso, il provvedimento impugnato era l’ordinanza dirigenziale n. 5 del 7/12/2023 che inibiva l’utilizzo dell’immobile di proprietà del ricorrente perché interessato da intervento edilizio non concluso, privo di collaudo statico e di agibilità, con area esterna pertinenziale adibita a cantiere.
L’associazione nel ricorso non contesta di poter utilizzare la parte interna della proprietà, ma contesta la legittimità dell’inibitoria riguardo all’area esterna.
Il T.A.R. accoglie il ricorso definendo direttamente il merito con sentenza in forma semplificata “ritenendo insussistenti i presupposti per inibire l’utilizzo dell’immobile nella sua interezza, anche alla luce della sua destinazione … all’esercizio di diritti di rango primario quale la libertà di riunione, di associazione e di culto”. In particolare, si sottolinea come l’asserita carenza di agibilità sia riferibile solo agli spazi chiusi non potendo le aree esterne esprimere analoghe esigenze di controllo strutturale e sicurezza ambientale, e come l’ordinanza non motivi in alcun modo l’esistenza di eventuali e puntuali esigenze di sicurezza delle aree esterne. Illegittima anche la parte dell’ordinanza che qualificava come cantiere l’immobile sulla base di una S.C.I.A annullata dal Comune stesso e sulla base della presenza di materiali che di per sé soli non possono certamente giustificare tale qualificazione.
Marco Croce