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L’insegnante di quarta elementare di una scuola di Pordenone ha chiesto ed ottenuto dalla famiglia di una allieva che si era presentata in classe indossando il niqab (il velo coprente che lascia scoperti soltanto gli occhi) che la loro figlia tornasse l’indomani a scuola senza tale mise. Difatti la bambina, nata in Italia da genitori musulmani di origine nigeriana, ha poi continuato a frequentare la classe a volto scoperto.
Il fatto ha subito alimentato diverse note polemiche, peraltro alquanto allineate, ed offre lo spunto per alcune riflessioni.
I commenti sulla vicenda sono pervenuti essenzialmente dal contesto politico. Il vice sindaco ed assessore all’istruzione del comune di Pordenone ha ricordato l’esistenza di precedenti simili nella stessa scuola ed unitamente ad altri esponenti politici, invero in modo bipartisan, ha rivendicato la tutela della dignità umana e dell’emancipazione femminile sottolineando la necessità di favorire l’inclusione delle comunità di immigrati. Non sono mancate neppure le voci di altri esponenti politici che hanno annunciato iniziative per proporre il divieto del velo integrale nelle scuole e nei luoghi pubblici, similmente a quanto già avvenuto nella Repubblica Araba d’Egitto (https://www.rivistadirittoereligioni.com/newsegitto-il-governo-egiziano-vieta-luso-del-niqab-nelle-istituzioni-educative-vasco-fronzoni/), in Belgio (https://www.rivistadirittoereligioni.com/1-2010-legislazione-e-giurisprudenza-internazionale-pdf/) e nella laica Francia, sebbene in relazione all’abaya(https://www.rivistadirittoereligioni.com/newsfrancia-divieto-dindossare-labaya-a-scuola/).
I dirigenti scolastici degli istituti comprensivi della città, che da anni si impegnano per promuovere l’integrazione degli alunni e il rispetto dei diritti dell’infanzia, pur senza fare osservazioni hanno preso atto della situazione. Di contro, un rilievo critico sull’operato della maestra è stato sollevato dalla dirigente dell’ufficio scolastico regionale, sostenendo che l’insegnante dovrebbe riconsiderare il suo attivismo, poiché non ci sono norme o leggi specifiche che impediscono l’ingresso a scuola con il velo. Sul punto, la dirigente non ha probabilmente considerato il quadro legislativo vigente, che sebbene indirizzato alla tutela all’ordine pubblico, vieta ogni indumento che renda difficoltoso il riconoscimento della persona, tanto in luogo pubblico quanto aperto al pubblico.
Riportati i commenti, il caso si presta anche ad una breve analisi, poiché solleva interrogativi sulla gestione dell’identità culturale e religiosa nel contesto scolastico e sulla necessità di trovare un equilibrio tra il rispetto della diversità e la preservazione dei valori comuni, nell’ottica dell’inclusione e della laicità dello Stato.
Inoltre, pur in presenza di voci dottrinarie dissonanti che ritengono l’uso del velo prescritto su base giuridica, va rimarcato che nella shari’a non c’è una attestazione esplicita ed inconfutabile circa la obbligatorietà o anche solo l’opportunità per le donne di indossarlo, se non limitatamente al momento della preghiera. In ogni caso, portare il velo oggi costituisce l’espressione di una appartenenza identitaria musulmana, anche se consacrata dalla tradizione culturale più che da quella religiosa. Difatti tale indumento - che nasce ben prima dell’Islam come usanza comune in tutta l’area mediterranea già a partire dal IV secolo a.C. e quale tratto distintivo delle donne di classe agiata e di nobile discendenza - è diventato nelle sue diverse fogge un segno caratteristico delle donne musulmane, non solo nei Paesi a maggioranza islamica ma anche nella diaspora.
Tuttavia, nonostante le differenti forme e colori e le diverse percezioni circa la sua obbligatorietà, vi è una convergenza assoluta sulla ratio di utilizzo, che attiene alla pudicizia ed alla opportunità di non attirare sulle donne l’attenzione sessuale degli uomini.
Pertanto, l’episodio di cronaca appare frutto al più di un malinteso, poiché quel tipo di copricapo non va certo indossato alle elementari e farlo usare ad una bimba così piccola è invero indice di un errore di interpretazione dei genitori, se non di un vero e proprio analfabetismo religioso, come peraltro rimarcato da alcuni esponenti della comunità islamica di Pordenone.
Vasco Fronzoni
Fonte: https://www.pordenonetoday.it/cronaca/bambina-10-anni-niqab-scuola-elementare.html