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NEWSITALIA Líbera nos a Malo Esorcismo, preghiere di liberazione e di guarigione Note a margine del Decreto circa gli esorcismi e le preghiere di guarigione e di liberazione della Conferenza Episcopale Siciliana (Paolo Palumbo)
Ciò che sfugge alle leggi di prevedibilità scientifica è sempre fonte di curiosità, a volte accompagnata dallo scetticismo, altre dalla paura, altre ancora dal senso di stupore verso l’ignoto che si manifesta.
La soprannaturalità e la religiosità sono unite in modo inscindibile: non a caso, il senso del sacro è una delle prime testimonianze della trasformazione culturale di un popolo, nonché una delle principali tappe dello sviluppo antropologico[1].
In una società che ha “liquefatto” i vincoli istituzionali della religione ed è sempre più attratta da “esperienze” momentanee e destrutturate di contatto col divino, la crescita dell’interesse per il preternaturale, a volte erroneamente presentato come sovrannaturale[2], è un dato innegabile.
In ambito cattolico, la precisazione è doverosa: non tutto ciò che è preternaturale è sovrannaturale. Prendendo in prestito una distinzione classica della teologia tomistica, si definisce preternaturale tutto ciò che va oltre l’ordine della natura, ma è opera di esseri creaturali, senza alcun tipo di caratterizzazione positiva o negativa, mentre il sovrannaturale è ciò che si riconduce all’azione di Dio. Da questa classificazione discende il grave obbligo dei pastori della Chiesa di vigilare affinché, dietro fenomeni paranormali, non si celino bieche operazioni di raggiro e inganno ai danni di soggetti vulnerabili, o rimanendo sempre nella sfera spirituale, attività straordinaria del maligno[3].
Per orientare l’azione pastorale, la Sezione Dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, deputata dalla Cost. Ap. Praedicate Evangelium a “offrire risposta, alla luce della fede, alle questioni e alle argomentazioni che emergono con il progresso delle scienze e l’evolversi delle civiltà”[4], lo scorso 17 maggio ha emanato le nuove Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali[5], che aggiornano le disposizioni emanate nel 1978 sotto il pontificato di Paolo VI, rese pubbliche nel maggio 2012 con una nota esplicativa[6].
Il documento ora approvato si apre con una lunga esposizione dei principî ispiratori della riforma, che è volta a snellire le procedure di riconoscimento e promozione degli (eventuali) frutti spirituali che si originano da presunte realtà sovrannaturali, senza, tuttavia, giungere a formali dichiarazioni sulla provenienza divina delle stesse.
Da un lato, il Dicastero constata che negli ultimi anni vi sono stati episodi in cui i fedeli non hanno avuto risposte adeguate e celeri circa la conformità alla fede di alcuni eventi, con conseguente smarrimento e dubbio; altre volte, decisioni affrettate dei vescovi locali si sono scontrate con un atteggiamento prudente della Santa Sede; infine, certe formulazioni sulla certezza dell’origine sovrannaturale del fatto sembrerebbero vincolare in coscienza, secondo forme che indurrebbero i meno esperti a ravvisare erroneamente dichiarazioni ultimative, proprie del magistero solenne o del magistero ordinario universale[7].
La soluzione individuata è quella di non emettere più dichiarazioni de supernaturalitate, ma di preferire valutazioni di ordine pastorale sull’opportunità di consentire l’adesione alla presunta manifestazione del divino e la condivisione dei frutti spirituali tra i fedeli. Resta ferma ovviamente la potestà pontificia di approvare una devozione come sicuramente proveniente da Dio.
I sei possibili pronunciamenti, elencati nella sez. B delle Norme (§§16-23), vanno dal Nihil obstat, inteso quale grado massimo di adesione concedibile, legata all’osservazione di segni positivi di azione dello Spirito Santo e all’assenza di rischi per la fede o i costumi, alla Declaratio de non supernaturalitate, che si ha quando è raggiunta la certezza morale dell’assenza di qualsiasi influsso spirituale nel fenomeno sottoposto a indagine. In mezzo, vi sono altre considerazioni, che postulano un’attività di accompagnamento per sostenere gli aspetti benefici della devozione che va diffondendosi o per correggere ed eliminare le criticità, che possono essere legate al carisma in sé o a coloro che lo manifestano[8].
Si tratta di un ventaglio molto ampio di strumenti offerti al Vescovo diocesano competente: per certi versi, potrebbe anche essere eccessivo, nella misura in cui si notano sovrapposizioni non sul piano concettuale, bensì su quello applicativo. A titolo di esempio, un Prohibetur et obstruatur, che è il penultimo grado nella scala di decrescente tollerabilità, difficilmente non postulerà una dichiarazione di non soprannaturalità. Ed è significativo che il Dicastero, chiarendo quando si possa emettere un Prohibetur et obstruatur, parli “di legittime istanze e di alcuni elementi positivi” e non di “frutti spirituali”: la gravità dello scandalo che emerge è tale che, forse, sarebbe meglio escludere del tutto qualsiasi anche lontana parvenza di intervento “dall’Alto”.
Sul piano procedurale, l’idea è quella di una parziale sussidiarietà sul piano istruttorio – è il Vescovo diocesano a esaminare i casi e a formulare il giudizio, che sarà sottoposto all’attenzione del Dicastero per la Dottrina della Fede, che confermerà o richiederà un supplemento di indagine[9] – e disciplinare – grava, infatti, sul pastore della Chiesa locale il dovere di vigilare e provvedere sulla devozione che dal fenomeno si origina[10]. La Santa Sede si riserva poteri di controllo, coordinamento, impulso e revisione sull’intera procedura.
Se il caso attiene più circoscrizioni ecclesiastiche, si potrà costituire una commissione interdiocesana, presieduta da uno dei Vescovi interessati[11], la quale, stando al tenore letterale delle Norme godrà dei poteri istruttori, ma non di quelli disciplinari, propri del solo pastore diocesano.
In continuità con la sez. II, §4, delle Norme del 1978, l’art. 7 §2 della vigente regolamentazione mantiene la via della vigile attesa, che può essere percorsa quando “i fenomeni sono facilmente gestibili” a livello locale e non è avvertito alcun rischio per la comunità.
In tale ipotesi, immagino, ricadono tutte le situazioni di entità molto circoscritta, in cui vi è poco concorso di folla e minimo coinvolgimento di mezzi di comunicazione, eventualità che, nella società attuale diventa residuale.
Più probabilmente, l’autorità ecclesiastica dovrà muoversi a seguito di sollecitazioni provenienti dal Popolo di Dio, edificato sul piano devozionale o scandalizzato dalla spettacolarizzazione o dal mercimonio di cose sacre.
In ogni caso, dopo una preliminare raccolta di elementi di valutazione e un’attenta custodia di eventuali oggetti coinvolti nel fenomeno, il Vescovo istituirà, di concerto con il Dicastero, una Commissione, formata da almeno un teologo, un canonista e un perito scelto secondo la competenza richiesta per indagare sull’accadimento.
È da accogliere positivamente la precisazione sulla presenza di un canonista[12], non richiesta nella precedente regolamentazione: essa denota, da un lato, una maggiore attenzione da parte del Dicastero verso la correttezza giuridica del procedimento, dall’altro, è segno che ogni carisma e ogni evento sovrannaturale non può prescindere da un sensus Ecclesiae comunitario, che trova nel diritto canonico una chiara manifestazione[13].
Quanto agli interrogatori, sono espressamente richiamati i canoni sull’esame dei testi nel processo contenzioso ordinario (per la Chiesa latina, cann. 1558-1571 C.I.C.) e si ribadiscono le norme sull’inviolabilità assoluta del sigillo sacramentale che grava sui confessori e sul più attenuato vincolo di riservatezza in capo ai direttori spirituali. Solo questi ultimi potranno testimoniare, previa autorizzazione scritta del fedele da essi guidato[14].
L’ottica della collaborazione è sostenuta con vigore: non soltanto si prevede il supporto di esperti nelle discipline che possono essere di ausilio nella determinazione della veridicità (o meglio, dato il carattere non ultimativo della pronuncia) della verisimiglianza dell’origine inspiegabile del fatto, ma anche si confida nel sostegno dell’autorità civile, se si dovessero verificare contrasti con l’ordine pubblico[15].
I criteri di giudizio sono gli stessi della disciplina precedente, sebbene lo standard di certezza sia inferiore, dato che non si procederà a dichiarazioni de supernaturalitate. In particolare, l’art. 14 enumera tra gli elementi positivi la credibilità delle persone coinvolte, l’ortodossia dottrinale, l’imprevedibilità del fenomeno, i frutti di vita cristiana; per converso, l’art. 15 segnala le criticità, ossia gli errori sul fatto, l’allontanamento dalla retta fede, il settarismo, le gravi immoralità, le alterazioni psichiche dei soggetti coinvolti, la ricerca di benefici puramente terreni (denaro, fama, potere).
All’esito dell’istruttoria, che terrà conto cumulativamente dei criteri sopra indicati, il Vescovo formulerà una proposta di decisione, che sarà trasmessa al Dicastero per la Dottrina della Fede: anche se la decisione ultima spetta alla Santa Sede, l’atto finale è attribuito all’Ordinario del luogo, al fine di evitare confusione tra i fedeli e consentire sempre margini di revisione del giudizio[16].
Non solo, anche a fronte del Nihil obstat, l’attenzione sarà mantenuta elevata, con l’obiettivo di custodire i “frutti spirituali” del fenomeno accolto prudentemente ma, si ribadisce, non approvato[17].
Nei casi di aperta mistificazione, di raggiri ai danni dei fedeli più deboli, o di abusi, sarà applicata la normativa penale canonica più idonea a garantire il bene delle anime[18].
Andrea Miccichè
[1] Si veda l’opera cardine in materia, R. Otto, Il sacro. L’irrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale, Feltrinelli, Milano, 1966 (I ed. in tedesco nel 1917), pp. 22-40. Cfr., inoltre, J. Reis, Il senso del sacro nelle culture e nelle religioni, Jaca Book, Milano, 2006, pp. 19-21.
[2] Cfr. Tommaso D’Aquino, Summa contra Gentiles, III, 100-107, in cui il Doctor Angelicus distingue l’opera di Dio e quella delle creature, buone o malvagie, a lui soggette.
[3] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 394-395, 1673.
[4] Art. 71 Cost. Ap. Praedicate Evangelium.
[5] Si rinvia a https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240517_norme-fenomeni-soprannaturali_it.html.
[6] Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Normae de modo procedendi in diudicandis praesumptis apparitionibus ac revelationibus, AAS 104 (2012) 497-504.
[7] Sulla questione, cfr. cann. 747-755, oltre a Congregazione per la dottrina della fede, Professio fidei et iusiurandum fidelitatis in suscipiendo officio nomine Ecclesiae exercendo una cum nota doctrinali adnexa., AAS 90 (1998) 542-551.
[8] La specificazione della dannosità della persona che è destinataria di un presunto carisma è chiara con riguardo all’esito Sub mandato, che si ha quando “Si utilizza un’esperienza spirituale per un particolare ed indebito vantaggio economico, commettendo atti immorali o svolgendo un’attività pastorale parallela a quella già presente nel territorio ecclesiastico” (§20).
[9] Art. 1 Norme.
[10] Art. 3 Norme.
[11] Artt. 4-6 Norme.
[12] Art. 8 §1 Norme.
[13] Cfr. Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al convegno di studio organizzato dal Pontificio Consiglio per i testi legislativi in occasione del XXV anniversario della promulgazione del Codice di diritto canonico, 25 gennaio 2008, https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2008/january/documents/hf_ben-xvi_spe_20080125_testi-legislativi.html; Francesco, Discorso ai partecipanti al corso di formazione per gli operatori del diritto, promosso dal Tribunale della Rota romana,, 18 febbraio 2023, https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230218-operatori-didiritto.html; G. Ghirlanda, Il diritto nella Chiesa mistero di comunione, Edizioni San Paolo-Editrice Pontificia Università Gregoriana, Cinisello Balsamo-Roma, 1990, pp. 53-58.
[14] Art. 9 Norme.
[15] Art. 11 Norme.
[16] Artt. 18-21 Norme.
[17] Artt. 22 e 24 Norme.
[18] Artt. 23 e 25 Norme.