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Il Regolamento del Servizio Diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati: traduzione giuridica di uno strumento per la salus animarum.
dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, Regolamento del Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, Editrice Rotas, Trani 2023, pp. 42, € 7
Sono trascorsi quasi otto anni dall’entrata in vigore della riforma dei Processi canonici per la dichiarazione di nullità del matrimonio, promulgata da Papa Francesco mediante l’emanazione di due Litterae Apostolicae date in forma diMotu Proprio, Mitis Iudex Dominus Iesus per la Chiesa latina e Mitis et Misericors Iesus per le Chiese orientali.
L’immediata e prioritaria preoccupazione del Pontefice, nel metter mano alla riforma, è stata chiaramente indicata nel Proemio di MIDI: “É quindi la preoccupazione della salvezza delle anime, che – oggi come ieri – rimane il fine supremo delle istituzioni, delle leggi, del Diritto, a spingere il Vescovo di Roma ad offrire ai Vescovi questo documento di riforma, in quanto essi condividono con lui il compito della Chiesa, di tutelare cioè l’unità nella fede enella disciplina riguardo al matrimonio, cardine e origine della famiglia cristiana. Alimenta la spinta riformatrice l’enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale; la carità dunque e la misericordia esigono che la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano separati”.
Dal documento pontificio si coglie ictu oculi la motivazione eminentemente pastorale che ha spinto l’opera di riforma: coniugare il servizio specialistico svolto dal Tribunali ecclesiastici in ordine alla validità o meno del vincolo matrimoniale con il sollecito svolgersi delle procedure, al fine di andare incontro ai fedeli che, sempre più numerosi,attendono il chiarimento del proprio stato di vita.
Tutto ciò presuppone un vigoroso cambio di rotta, una coraggiosa inversione di tendenza, in modo da attrezzarsi nel fare il possibile per raggiungere tutti: così facendo, la sollecitudine della Madre Chiesa per le famiglie ferite non si esaurisce nel servizio specializzato reso dai Tribunali, ma si esplica come servizio di accoglienza, di ascolto, diprossimità e di accompagnamento.
L’accoglienza e l’ascolto sono, pertanto, finalizzati a conoscere la condizione delle persone, così da poter verificare se vi sia l’eventuale possibilità di superare le difficoltà esistenti tra i coniugi; se sia opportuno, quando non necessario, fare ricorso alla separazione laddove non sia più possibile ristabilire il consorzio coniugale, tenuto sempre come preminente il bene della prole; valutare, con l’ausilio di “addetti ai lavori”, debitamente formati e preparati, sempre in un clima di confronto ed attenzione massima per la persona.
Per usare le parole di uno dei massimi processualisti, il Prof. Manuel Jesus Arroba Conde, recentemente scomparso, una delle novità fondamentali, anzi la fondamentale, della riforma voluta da Papa Francesco ed attuata nel contesto sinodale è rappresentata proprio dalla “pastorale o indagine pregiudiziale” secondo le indicazioni dell’art. 2 dellaRegole Procedurali annesse al MIDI.
A distanza di qualche anno dall’entrata in vigore di MIDI, si corre il rischio di mettere in secondo piano tale importantissimo ed imprescindibile aspetto, che rappresenta un decisivo indirizzo della riforma (consistente nell’orientamento più pastorale da conferire all’attività giudiziale) e che deve essere recuperato ed integratonell’agire dei Tribunali della Chiesa e della pastorale familiare.
In questo contesto si inserisce il Regolamento del Servizio Diocesano per i fedeli separati dell’Arcidiocesi di Trani – Barletta – Bisceglie, promulgato il 13 maggio 2023 con decreto emanato dall’Arcivescovo Mons. LeonardoD’Ascenzo.
Il pregevole documento normativo poggia le proprie basi sulla sapiente esperienza avviata, all’indomani della riforma, dall’Arcivescovo Mons. Pichierri che nel marzo 2016 istituiva, per l’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie,il Servizio per l’accoglienza dei fedeli separati.
Al pari dell’Arcidiocesi ambrosiana di Milano, anche quella di Trani, al fine di dare attuazione a questo servizio di accompagnamento, ascolto e discernimento, ha previsto l’istituzione di una struttura stabile e specializzatanell’ambito del Tribunale ecclesiastico diocesano.
L’attuale Arcivescovo Mons. D’Ascenzo, in una lettera inviata alla comunità diocesana in data 15 marzo 20218, esortava a continuare questo importante servizio ecclesiale per il bene dei fedeli, privilegiando sempre più un atteggiamento di accompagnamento, di discernimento e di prossimità nei confronti di ogni persona e ogni famiglia, e,in particolar modo, verso le situazioni difficili o c.d. ‘irregolari’.
Si giunge così nel 2023 alla promulgazione del Regolamento in commento che si segnala per essere una novità assoluta nel panorama giuridico-ecclesiale italiano e trova la sua fonte, immediata e diretta, nelle norme pontificie che animano la riforma (M.P. Mitis Iudex Dominus Iesus).
Il Regolamento si compone di 12 articoli, suddivisi in paragrafi, con allegata appendice contenente un utilissimo glossario. L’appendice, curata da Don Emanuele Tupputi – attuale vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico dell’Arcidiocesi di Trani - in maniera semplice ed immediata spiega il significato di termini ricorrenti all’interno del Regolamento, così da rendere ai fedeli più agevole la lettura e la comprensione.
Nel Regolamento vengono indicati la natura, le finalità ed i destinatari del Servizio Diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, in modo che sia evidente a tutti che la pastorale pregiudiziale è chiamata ad occuparsi della personanel suo insieme, offrendo un servizio di costante accompagnamento, di ascolto, di vicinanza, di consiglio, soprattutto in favore di persone separate, divorziate o risposate.
La comunità cristiana tutta è chiamata a prendere a cuore le persone, cercando di porsi accanto a chi sta sperimentando il dolore del fallimento coniugale o sta subendo una battuta d’arresto nel proprio matrimonio: in questo senso, la pastorale pregiudiziale deve essere necessariamente inserita nella pastorale familiare (come ben evidenziato nell’art. 2 § 3 del Regolamento).
L’apporto fondamentale di questa riforma, che è al contempo la chiave di volta per la comprensione dello spirito che la anima, è la vibrante chiamata alla conversione, insistendo sulla intrinseca dimensione pastorale sia del Processoche del Tribunale, sulla convenienza di una maggiore implicazione ed un maggior coordinamento fra l’operato del Tribunale ecclesiastico e le strutture di pastorale familiare diocesana.
In ordine alla composizione, l’art. 4 § 1 del Regolamento statuisce che il Servizio diocesano è composto da persone/consulenti competenti in materia giuridico-canonica e in pastorale familiare, coordinato da un Responsabile diocesano (il quale fa da riferimento dell’equipe nella pastorale familiare diocesana di cui è membro) ed operante intutte le città dell’Arcidiocesi.
L’Arcivescovo nomina i consulenti del Servizio diocesano, scelti tra chierici e laici.
L’attenzione che il Pastore della Diocesi rivolge al suddetto istituto canonico rappresenta un forte richiamo alla responsabilità e centralità dell’ufficio capitale locale: le novità apportate dal recente Motu proprio non si limitano al solo momento decisorio nel Processus brevior, ma sottolineano il nuovo ruolo attribuito al Vescovo diocesano dal punto di vista organizzativo, logistico e selettivo delle strutture ecclesiastiche, mettendo in campo e sperimentando lesue personali doti di efficienza.
L’art. 5 del Regolamento bene illustra i ‘compiti’ cui è chiamato il Vescovo diocesano in forza del suo munus iudicandi (che, come sopra accennato, non si esaurisce con la sola emissione della sentenza nel processus brevior).
Ancora, in ossequio all’Istruzione Gli studi di Diritto canonico alla luce della riforma del Processo matrimonialeemanata il 29 aprile 2018 dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, il Regolamento prescrive che i consulenti nominati dall’Arcivescovo debbano disporre di un’adeguata competenza in ambito di matrimonio e famiglia sotto il punto di vista di una o più discipline specifiche: teologica, giuridica, morale, psicologica, unita a una viva sensibilitàpastorale.
Il servizio pastorale specializzato esige una peculiare competenza ed esperienza da parte dei vari consulenti che vi operano, in quanto si tratta di avviare un percorso di indagine, entrando con il massimo rispetto (quasi in punta dipiedi) nella dimensione più intima della vita dei fedeli.
Il Regolamento indica, poi, i compiti che spettano al Responsabile del Servizio ed ai vari componenti del Serviziomedesimo, nonché le indicazioni operative sullo svolgimento della consulenza previa.
Di particolare importanza sono i tre livelli di consulenza che la Chiesa offre ai fedeli.
Un primo livello è abbastanza generale e non presuppone necessariamente un titolo canonistico per essere svolto: il compito è affidato, anzitutto, ai Parroci (o ai Sacerdoti che abbiano seguito la coppia, o a laici approvati dal Vescovo), così come previsto dall’art. 3 delle Regole procedurali annesse al MIDI.
Un secondo livello di consulenza è più tecnico ed è rappresentato da organismi o personale specializzato, affidato a consulenti esperti in Diritto matrimoniale canonico, chierici o laici. Questo livello è chiamato ad offrire una conoscenza più approfondita e specialistica, al fine di individuare i profili per una possibile causa di nullità matrimoniale, verificando la sussistenza del fumus boni iuris, che permetta di avviare in modo non azzardato una causa di nullità.
Occorre, in altri termini, far sapere ai fedeli che, seppure in questa fase previa potrebbe intravedersi la possibilità di ottenere la declaratoria di nullità, non è detto che il Processo, sic et simpliciter, termini con tale esito.
Un terzo livello è, infine, rappresentato da coloro (gli avvocati) che operano già in seno al Tribunale ecclesiastico, avendo una preparazione tecnica ben precisa: tale figura rappresenta l’anello finale della consulenza, il momento in cui, all’esito dell’indagine pregiudiziale, occorre valutare - dopo attenta e ponderata riflessione - la sussistenza di uno o più capi di nullità per l’introduzione della causa.
Il Regolamento rappresenta, in ultima analisi, uno strumento – assai utile – che incarna il portato della riforma e che andrebbe fatto conoscere e divulgato nelle varie realtà diocesane d’Italia, che ancora, in parte, faticano a mettere inpratica le disposizioni di MIDI.
Questo documento può, a buon diritto, esser definito come la traduzione in termini giuridici di quella autentica “conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche, per offrire l’opus iustitiae a quanti si rivolgono alla Chiesa per fare luce sulla propria situazione coniugale”, di cui ha parlato Papa Francesco nel discorso rivolto il 23 gennaio 2015alla Rota Romana in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Il Regolamento costituirà prezioso ausilio per tutti gli operatori che, a vario titolo, saranno chiamati a svolgere il proprio ruolo in favore dei fedeli, così che il servizio specializzato possa raggiungere tutti e non sia percepito comeriservato alle élites.
Concludiamo facendo nostro l’illuminato insegnamento dell’indimenticato Prof. Manuel Jesus Arroba Conde: “non basta rinnovare le conoscenze; si debbono rinnovare gli atteggiamenti degli operatori; in effetti, la dimensione pastorale di un Processo giudiziale esige che, nella ricezione della riforma, gli aspetti tecnici non siano causa di burocratizzazione né di autoreferenzialità. Queste non sono segni di specializzazione nel servizio ma di rigidità propria di un dispotismo illustrato e autodifensivo; gli operatori pastorali sono chiamati a non lavarsi le mani conla scusa di essere poco conoscitori della tecnica; ma anche ai tecnici va rivolta la chiamata a una conversionepastorale, cioè ad assumere uno stile accogliente, curativo, senza formalismi pseudogiuridici che, sotto maschera dicorrettezza e di presunta imparzialità, smentiscono la centralità della persona con stili affatto necessari, come se l’equidistanza in relazione alle parti coinvolte nel problema da trattare debba tramutarsi in distanza forzata e percepibile dalla persona stessa. Questa deve sentirsi accettata, qualsiasi siano stati i suoi atti […] (cfr. M. J. ARROBA CONDE, La missione della Chiesa nella fragilità familiare, in Monitor Ecclesiasticus, CXXXII (2017), 615 – 621).
Avv. Damiano Maria Melfi
Patrono nel Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Etneo
PAROLE CHIAVE
Interreligiosità, unione, apertura, difesa