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Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza 19502 del 10 luglio 2023 (Presidente: Francesco Antonio; relatore: Alberto Pazzi)
Con ordinanza del 10 luglio 2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di separazione personale dei coniugi in cui particolare rilievo ha assunto il mutamento di convincimento religioso da parte della moglie.
La vicenda ha avuto inizio nel 2019. In prima istanza, il Tribunale di Napoli (sentenza n. 8280 del 20 settembre 2019), rigettando le reciproche domande di addebito, aveva posto a carico del marito l’obbligo di contribuire al mantenimento della moglie e del figlio nella misura rispettivamente di 400 e 250 euro mensili. Impugnata la sentenza, la Corte d'appello ha affermato che, ai fini della pronuncia di addebito, non assume rilievo il mutato convincimento religioso della donna con la conseguente frequentazione della congregazione religiosa da lei scelta, in quanto tale comportamento non si è tradotto in una violazione dei doveri coniugali e non ha avuto un ruolo causale nel provocare l’intollerabilità della convivenza. In particolare, gli atteggiamenti di indifferenza verso il marito “tanto da non occuparsi più delle faccende domestiche” ‒, non trovavano adeguata conferma nella deposizione testimoniale e la dedizione della donna alla congregazione religiosa da lei scelta o il tempo trascorso davanti al computer si inserivano in un contesto di crisi, di separazione in casa, già in atto. In seconda istanza è stato confermato integralmente anche l’assegno di mantenimento in favore del figlio.
Proposto ricorso in Cassazione, il concorde orientamento dei giudici di primo e secondo grado subisce una deviazione. Sebbene il diritto di cambiare la propria convinzione religiosa sia costituzionalmente garantito (art. 19 Cost.) e non possa di per sé considerarsi ragione di addebito della separazione, per la Prima Sezione Civile della Cassazione bisogna tuttavia verificare, più a fondo, se l’adesione della moglie ad una nuova fede non si sia tradotta in comportamenti incompatibili con i doveri di coniuge ex art. 143 c.c.
Sul punto la Cassazione ritiene che il giudice di seconda istanza abbia escluso il nesso di causalità tra le condotte denunciate e il fallimento dell’unione matrimoniale ‒ ritenendo le prime una mera conseguenza di una crisi già in essere da tempo ‒ senza constatare se la situazione di reciproca sostanziale autonomia di vita dei coniugi risalisse ad un’epoca antecedente al compimento delle stesse da parte della donna. Inoltre, la Corte di merito ha del tutto ignorato le condotte, citate in sede di testimonianza, comprendenti non solo atteggiamenti di disaffezione, come il rifiuto di cucinare, di occuparsi di casa e bucato, ma anche “continue denigrazioni e richieste di soldi”. Secondo la Cassazione, se questo modus operandi integra un comportamento moralmente violento, viola gli obblighi, cui i coniugi sono tenuti ex art. 143 c.c., di assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia e assume un’incidenza causale che è preminente rispetto ad altre cause, anche preesistenti, di crisi dell’affectio coniugalis.
Non viene inoltre riconosciuto più esistente l’obbligo di mantenimento gravante sul padre in favore del figlio, il quale nel frattempo aveva raggiunto l’autosufficienza economica derivante da comprovata attività lavorativa retribuita.
Per approfondimenti su profili attinenti alla tutela della libertà religiosa in ambito familiare, si vedano in questa Rivista, i contributi di Simona Briccola, L’esercizio del diritto di libertà religiosa in ambito familiare. Il sistema italiano e la prospettiva europea, n. 1/2011, pp. 86-122; Fabio Vecchi, Disparitas cultus circa «i matrimoni tra cattolici e musulmani in Italia». Tendenze effimere di interscambio tra modelli matrimoniali, n. 1-2/2006, pp. 145-165.
Silvia Baldassarre
Mutamento delle convinzioni religiose, libertà religiosa, separazione fra i coniugi, addebito, assegno di mantenimento del figlio maggiorenne