NEWS CITTA’ DEL VATICANO La Chiesa ammette la possibilità di benedire le coppie omosessuali. Vino nuovo in otri vecchi? (Luigi Mariano Guzzo)
NEWSITALIA Sull’ordinanza del Comune di Monfalcone che vieta le attività di culto per assenza di destinazione d’uso dell’immobile (Marco Croce)
Il 9 dicembre si celebra in Francia la Giornata della Laicità, pilastro costituzionale della Repubblica, e giorno 8 novembre a Parigi è stato consegnato il Prix national de la laïcité a chi si è distinto nella sua vita professionale per aver difeso i valori della laicità anche a costo della propria sicurezza.
Tra i premiati, infatti, si segnala il sindaco di Montpellier, Michaël Delafosse, distintosi per le sue posizioni sul divieto dell’abaya e la Prof.ssa Florence Bergeaud -Blacker antropologa autrice di studi critici su alcune tradizioni islamiche che i musulmani considerano offensivi. In un clima fortemente scosso dall’attacco sanguinario di Hamas il 7 ottobre, nei confronti dello Stato di Israele, che vede il riacuirsi periodico, ma con ritmo sempre più esponenziale, del sentimento islamofobico e, contemporaneamente, del mai sconfitto antisemitismo, riecheggiano le parole pronunciate durante la serata dalla Presidentessa della Giuria, la scrittrice iraniana Abnousse Shalmani. Il discorso accorato si apre con l’invito a respirare l’aria della laicità come unica via per difendersi, consolarsi e rassicurarsi in un contesto che viene definito con un’espressione dai tratti pericolosamente forti “guerra mondiale culturale”.
Una battaglia contro i nemici della libertà che si trasforma in una pericolosa esaltazione nazionalistica della Francia e, contemporaneamente, in un attacco alla tolleranza dell’Europa e dell’Occidente tutto, nei confronti della degenerazione dell’Islam che è l’islamismo, definito come “un totalitarismo, che riduce gli uomini e donne a essere null’altro che agenti di odio e distruzione”. Nel definirsi appartenente alla categoria dei laici universalisti, con la volontà di non tradire i principi dell’umanesimo, la Presidente Shalmani attacca con toni sprezzanti gli occidentali che difendono i membri della cosiddetta “religione degli oppressi”, col risultato, però, di giustificare omofobia, misoginia e antisemitismo solo perché provenienti da una cultura non occidentale.
Bisogna apprendere dal passato ma superarlo e ricordare che l’occidente ha abolito la schiavitù e creato i diritti umani. Se è vero che “una nazione è… quando tollera una religione intollerante” come scriveva Elvetius, filosofo sensista e deista del Settecento riguardo al Cattolicesimo, è pur necessario evidenziare i rischi di questa nuova ondata di tolleranza che può rivelarsi fatale. Il discorso di premiazione si conclude inneggiando alla cultura francese e alla conoscenza che “spiega in modo ampio che l’islamismo è un totalitarismo”, di fronte al quale non si può indugiare nella “odiosa pigrizia”, dell’accettazione passiva. Le invocazioni conclusive, pregne di pathos e di puntualizzazioni sulla politica del Paese di provenienza dell’oratrice, ossia l’Iran, invitano a “essere un poco all’altezza degli iraniani che a costo della vita si difendono sfidando l’oscurantismo della monarchia” e guardare al futuro della Persia, affidando alla Corte penale Internazionale il giudizio sugli assassini di oggi, ringraziando le “sacre donne brillanti che trasmettono nella gioia e l’intelligenza la felicità di essere libere”.
Volendo sintetizzare una prima riflessione su queste parole, si noti che esse, trapassando il limite dell’idea di vivre ensamble, si collocano, invece, nel quadro di un preoccupante atteggiamento laicistico basato sull’idea della superiorità della propria cultura, che concepisce una pericolosa gerarchia di valore in base alla quale imporre alle altre culture di adeguarsi alla propria. È una devianza antica, tipicamente europea, perché evoca quel delirio di supremazia che ha prodotto la tragedia dell’olocausto.
Oltretutto rappresenta quanto di meno scientifico possa esserci, per un mondo che ha riconosciuto la supremazia del diritto e delegato al diritto internazionale la soluzione di conflitti e la posizione di principi di convivenza superiori alle stesse norme statali, perché fondate sul riconoscimento della superiorità, ed intangibilità, dei diritti umani fondamentali.
Cristiana Maria Pettinato