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La conservazione delle ceneri dei defunti: la Risposta del Dicastero della Dottrina della Fede
La Risposta del Dicastero della Dottrina della Fede, del 9 dicembre 2023, data al Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, fornisce dei chiarimenti circa alcune questioni relative alla conservazione delle ceneri dei defunti sottoposti a cremazione. In particolare, i quesiti presentati riguardavano, da un lato, la possibilità di predisporre un luogo sacro, definito e permanente, per l’accumulo commisto e la conservazione delle ceneri dei battezzati defunti,analogamente a quanto accade negli ossari, con indicazione per ciascun defunto dei dati anagrafici al fine di non disperderne la memoria nominale, dall’altro, quella di concedere ad una famiglia di conservare una parte delle ceneri di un familiare in un luogo significativo per la storia del defunto.
Il Dicastero, ribadisce, innanzitutto, la validità delle indicazioni dell’Istruzione Ad resurgendum cum Christo del 15 agosto 2016 che, nel ricordare che la Chiesa non abbia mai evidenziato ragioni dottrinali per impedire la prassi della cremazione e che la stessa non sia vietata, a meno che non venga scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana, prescrive che le ceneri debbano essere conservate in un luogo sacro (cimitero) o in un’area appositamente dedicata allo scopo dall’autorità ecclesiastica e ciò con l’obiettivo di ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana nonché di evitare la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto o pratiche sconvenienti o superstiziose (Ad resurgendum cum Christo, n. 5). Nello stesso tempo, volendo offrire “un punto di vista teologico” sulla questione, si ricorda nella Risposta che la risurrezione sarà «in questa carne nella quale ora viviamo» e si specifica che la trasfigurazione della resurrezione non implicherà il recupero delle identiche particelle di materia che formavano il corpo dell’essere umano, cosicché la resurrezione potrà avvenire anche se il corpo sia stato totalmente distrutto o disperso. Infine, si ricorda come, da sempre, la Chiesa abbia avuto un atteggiamento di sacro rispetto verso le ceneri dei defunti. Di conseguenza, con la Risposta si stabilisce che è possibile predisporre un luogo sacro, definito e permanente, per l’accumulo commisto e la conservazione delle ceneri dei battezzati defunti, ammettendosi, così, la possibilità di riversare le ceneri in un unico luogo comune, come avviene per gli ossari, ma conservando la memoria nominale di ciascuno dei singoli defunti, e si chiarisce che l’autorità ecclesiastica, nel rispetto delle norme civili, potrà prendere in considerazione e valutare la richiesta di una famiglia di conservare debitamente una minima parte delle ceneri di un congiunto in un luogo significativo per la storia del defunto, escluso ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista e sempreché le altre ceneri del defunto siano conservate in un luogo sacro. La Rispostadetermina un superamento del generale divieto canonico, previsto dall’Istruzione del 2016, circa la conservazione delle ceneri in un luogo diverso da quello “sacro” (es: abitazione domestica) e quello della “divisione” delle ceneri. Resta, invece, immutato il divieto di dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo (in controtendenza rispetto alle tante normative nazionali che lo consentono) oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti. Pur tenendo conto della Risposta, in Italia, dove l’incidenza della cremazione sul totale delle sepolture è intorno al 35%, la divisione delle ceneri, per tenerne un po’ in un luogo significativo per la storia del defunto, non potrà essere realizzata, essendo una pratica vietata allo stesso modo della commistione in unica urna delle ceneri di più cadaveri, ipotizzandosi in entrambi i casi il reato di vilipendio di cadavere (art. 410 c.p.). Quanto all’ipotesi della predisposizione di un luogo sacro per l’accumulo commisto delle ceneri, invece, potrà essere utile il riferimento all’art. 80, comma 6 del D.P.R. 285/1990 che ricorda che ogni cimitero deve avere un cinerario comune per la raccolta e conservazione in perpetuo e collettiva delle ceneri provenienti dalla cremazione delle spoglie mortali e alla circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 1993 al punto 14 definisce cinerario comune un manufatto, epigeo o ipogeo, nel quale vengono disperse, attraverso un apposito rito le ceneri. Se, però, non sono noti ad oggi in Italia “luoghi sacri” per l’accumulo commisto delle ceneri, le parrocchie si stanno, invece, attrezzando per la predisposizione di spazi gratuiti, interni alle strutture della chiesa, per la conservazione delle urne funerarie. L’art. 90 del D.P.R. 285/1990 ricorda, infatti, che il Comune può concedere a privati e ad enti (anche religiosi) l’uso di aree per la costruzione di sepolture purché dotati di adeguato ossario (o cinerario). Se è pastoralmente apprezzabile quanto è stato fatto a Cremona, nella parrocchia di S. Abbondio, e precedentemente a Vicenza, nella parrocchia di san Gaetano, con la predisposizione di uno spazio nella chiesa parrocchiale per la conservazione delle urne, sull’esempio delle “Grabeskirche ” tedesche, chiese sepolcrali per ospitare le urne dei defunti (come nella Grabeskirche di Sankt Bartholomäus a Colonia), più problematica resta la compatibilità di tale soluzione con la disciplina canonica, forse resa ancora più incerta, anche in ragione della Risposta del Dicastero. Il ricordato nr. 5 dell’Istruzione del 2016 afferma che le ceneri del defunto debbano essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica. La Risposta del dicembre u.s. ricorda, invece, che la conservazione delle ceneri in apposite urne possa avvenire in un luogo sacro (cimitero), e anche in un’area appositamente dedicata allo scopo, a condizione che sia stata adibita a ciò dall’autorità ecclesiastica. Scompare, quindi, il riferimento esplicito alla “chiesa” come luogo in cui conservare le urne cinerarie. Il can. 1242 del Codice di diritto canonico in linea di massima proibisce la sepoltura di cadaveri nelle chiese e, quindi, secondo parte della dottrina (P. Malecha), anche la collocazione di urne cinerarie all’interno di una chiesa, a meno che non si proceda almeno con una riduzione ad uso profano parziale dello spazio destinato a colombario. Considerato, però, che il Codice di diritto canonico dispone della cremazione nel can. 1776 §3, se avesse voluto includere nel divieto di cui al can. 1242 anche le ceneri funerarie avrebbe potuto affermarlo in modo esplicito, non potendosi addurre nel caso le motivazioni di opportunità sanitaria che, invece, hanno determinato la proibizione della sepoltura dei cadaveri nelle chiese. La risposta data al primo interrogativo sottoposto al Dicastero, nel fare riferimento anche alla “conservazione” delle ceneri dei battezzati defunti, però, potrebbe prestarsi ad una interpretazione ampia, confermando la possibilità, offerta dall’Istruzione del 2016 e nell’ottica di una collaborazione tra ordinamento ecclesiale e civile (tenuto conto della forte crescita della pratica della cremazione), che la chiesa rappresenti, luogo idoneo in cui adibire, da parte dell’autorità ecclesiastica, un’area alla conservazione delle urne cinerarie.
Paolo Palumbo – Università Giustino Fortunato