Lo svolgimento di un recente processo penale presso lo Stato della città del Vaticano ha proposto all’attenzione della dottrina la questione della legittimazione, sul piano del diritto internazionale, delle sentenze pronunciate dalle sue autorità giudiziarie. Secondo alcune opinioni, infatti, il sistema processuale penale, mutuato da quello italiano del 1913, e l’ordinamento giudiziario non assicurerebbero i fondamentali diritti di difesa degli imputati, le garanzie di indipendenza e autonomia della giurisdizione e di presunzione di non colpevolezza degli accusati. L’analisi del sistema processuale, soprattutto alla luce delle numerose riforme apportate da Papa Francesco che hanno profondamente trasformato il tessuto normativo, dimostra, tuttavia, come le perplessità non sono fondate. Il regime di formazione della prova ed il contraddittorio assicurato nel dibattimento, infatti, sono adeguatamente presidiati dai limiti di utilizzabilità degli atti di indagine; il meccanismo di selezione dei magistrati e la loro inamovibilità, poi, garantisce l’imparzialità e la terzietà dei giudici in maniera corrispondente a quanto avviene negli altri Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Alessandro Diddi