NEWSLETTER 4/2024
NEWSCITTA’ DEL VATICANO Discernere i fenomeni soprannaturali: le nuove “Norme” canoniche nel segno della prudenza (Andrea Micciché)
La diocesi di Modena, dopo la vicenda della mostra pittorica in odor di blasfemia , è nuovamente alla ribalta nella cronaca nazionale per una controversia, avente per protagonista la parrocchia di San Celestino I di Castelnuovo Rangone, che pone l’attenzione su delicate tematiche al centro del dibattito teologico-giuridico. Il fatto risale al 22 aprile di quest’anno, quando il Consiglio Pastorale Parrocchiale della parrocchia San Celestino I si riunisce, con la presenza del vescovo diocesano Mons. Erio Castellucci, il quale approva due singolari decisioni che generano, all’interno della componente più tradizionalista della comunità ecclesiale, perplessità e moti polemici. La prima decisione è quella di sostituire la messa feriale, nei giorni di martedì e venerdì, con incontri di Liturgia della Parola affidati ai fedeli laici e non al parroco, che è persona abbastanza giovane ed esperta di queste tematiche in quanto Docente di Teologia dei ministeri e Teologia del laicato all'Istituto Superiore di Scienze Religiose dell'Emilia, nella città di Modena. Con la seconda decisione il Consiglio si spinge oltre, e stabilisce che anche la Messa domenicale possa essere sostituita, in assenza del parroco, dalla mera Liturgia della Parola. Quest’ultima viene preferita alla possibilità di far spostare i fedeli parrocchiani in una chiesa vicina; o di procedere, comunque, alla celebrazione della Messa di appartenenza accogliendo eventuali sacerdoti sostituti, non aventi relazioni di conoscenza o frequentazioni con la comunità, il cui bene ultimo viene indicato come ispirazione fondamentale di queste deliberazioni, senza dubbio divisive. Le eventuali relazioni del celebrante con la comunità, o, comunque, le preferenze di quest’ultima nei confronti dei ministri sacri non sono prese in considerazione dalla legge canonica come requisiti di validità ai fini di una celebrazione eucaristica . Di fronte alla richiesta presentata al Vescovo Castellucci, da una parte dei fedeli, di giustificare tali disposizioni, ritenute in contrasto con una pluralità di disposizioni di diritto canonico, l’alto Prelato, ancora una volta al centro di contrasti con alcuni membri della sua comunità , risponde tranchant che si rende necessario promuovere il cambiamento auspicato dall’attuale Magistero pontificio ed espresso nell’ispirazione sinodale della vita della Chiesa. Entrambe le deliberazioni del Consiglio Parrocchiale, sebbene con gravità differente, sembrano avversare alcuni principi teologici e giuridici fondamentali che riguardano il ruolo dell’Eucarestia: “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” dove “il sacramento della Chiesa si manifesta pienamente” , e della Messa domenicale, memoriale perfetto della passione di Cristo . Si rende necessario “mantenere la preminenza della celebrazione eucaristica su tutte le altre azioni pastorali” , e poiché “per i fedeli partecipare alla Messa è un obbligo, a meno che non abbiano un impedimento grave, ai Pastori s’impone il corrispettivo dovere di offrire a tutti l’effettiva possibilità di soddisfare al precetto” . Effetto della partecipazione comunitaria alla messa domenicale è, come ricorda Giovanni Paolo II, creare comunione ed educare alla comunione , ciò premesso non è pensabile operare una commutazione del precetto domenicale con la partecipazione al mero rito, nel caso di specie considerato alternativo rispetto all’Eucarestia, della Liturgia della Paola. Le due componenti della Messa sono considerate, invece, dal magistero come “un solo atto di culto” . Nella posizione assunta dal Consiglio Parrocchiale con il tacito assenso dell’Ordinario del luogo credo si possa leggere una certa volontà di preferire soluzioni di comodità che favoriscano le radicate abitudini della comunità dei fedeli a prezzo di sacrificare il rispetto di norme giuridiche fondamentali, quali quelle riguardanti il precetto domenicale, il diritto del fedele di ricevere i sacramenti, primo tra tutti l’Eucarestia, il dovere del ministro sacro di celebrare messa, con le eccezioni ex lege espressamente previste (vedi can. 1248 § 2) e il dovere di non trasformare da eccezionalità a fatto ordinario l’attribuzione della facoltà di predicare ai laici . Questa vicenda è, comunque, in primo luogo, espressione, del tentativo di rianimare una cristianità tiepida tornando a riempire le Chiese attraverso una pastorale della sacramentalità della Parola.
In secondo luogo è espressione dello sforzo, non sempre armonioso, di una parte della Chiesa di dar seguito all’esortazione di Papa Bergoglio di realizzare nelle comunità locali dei modelli diversi rispetto a quelli “tradizionali”, forse percepiti come “autoreferenziali” o “clericocentrici”, in ottemperanza al rinnovato spirito della sinodalità che vive nella dimensione del dialogo e dell’ascolto reciproco che coinvolge la base dei fedeli laici. Fondamento teologico della sinodalità è sì “l’uguaglianza fondamentale tra tutti i battezzati, anche se nella differenziazione e complementarietà (…)”, ma il discrimine invalicabile è rappresentato, sempre, da quelle attività che richiedono la ricezione dell’Ordine sacro, come la celebrazione della Messa, fulcro della fede cattolica e non sono, in alcun modo, delegabili ai laici o sostituibili con attività a questi assegnate, come la celebrazione della Liturgia della Parola. I precetti fondamentali, così come i due pilastri costituzionali dei diritti dei fedeli e della comunione gerarchica , non possono essere diluiti in nome del sensus Ecclesiae e/o delle più eclettiche interpretazioni delle nuove istanze di sinodalità, per compiacere una comunità di fedeli che non può esistere, come Chiesa cattolica, se non nella continua comunione col proprio sacro pastore e nella celebrazione dei sacramenti, primo tra tutti l’Eucarestia. “Nessuna comunità cristiana si edifica, se non si radica ed incardina nella celebrazione della Santissima Eucaristia” , che “dà forma alla sinodalità”, la cui grazia va onorata “con uno stile celebrativo all’altezza del dono e con un’autentica fraternità” . La Chiesa, è una realitas complexa (LG n. 8) ma non rigida, la sua intima natura, ci ricorda Benedetto XVI, si esprime in un triplice compito: “annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro” . Opera in lei, semper reformanda, l’elemento dinamico del carisma, in virtù del quale Essa si muove nella storia tra la certezza del mistero pasquale e il “non ancora” escatologico della salvezza finale , nella continua ricerca dell’equilibrio tra la fedeltà al passato e le eventuali, più o meno, proiezioni utopistiche sul futuro.
Parole chiave: Eucarestia-Liturgia della Parola-sinodalità-bene della comunità
Cristiana Maria Pettinato