NEWSITALIA Riconoscimento dei titoli ecclesiastici in Italia: si completa il quadro normativo per la libera circolazione e la spendibilità (Paolo Palumbo)
Quaderno monografico n. 2 CATERINA GAGLIARDI Autonomia contrattuale e divieto di discriminazione religiosa nell’ordinamento giuridico italiano
La problematica dell’ostensione istituzionale del crocifisso segna una nuova tappa giurisprudenziale, forse decisiva per riallineare gli orientamenti giurisprudenziali del giudice amministrativo, con la sentenza della II sez. del Consiglio di Stato n. 2567 del 2024.
La decisione ha come oggetto una vicenda piuttosto risalente nel tempo che era stata decisa in maniera diversa dal T.A.R. Sardegna, II sez, nel 2017: il Sindaco del Comune di Mandas aveva, nel novembre del 2009, emanato un’ordinanza – ai sensi degli articoli 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000 – con la quale disponeva l’immediata affissione del crocifisso in tutti gli uffici pubblici del territorio comunale, con la sanzione di 500 euro a carico di chi non provvedesse. L’immediata reazione giudiziale dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti portava il Sindaco a revocare l’ordinanza nel gennaio del 2010.
Il ricorso dell’associazione si basava su motivi formali e sostanziali: dal punto di vista formale si contestava la totale carenza di potere del Sindaco; dal punto di vista sostanziale la violazione del principio di laicità dello Stato.
Il T.A.R. Sardegna, nel 2017, dichiarava in parte improcedibile il ricorso – vista la revoca dell’ordinanza – in parte infondato, utilizzando in maniera piuttosto distorta quanto disposto dalla Grande Chambre della CEDU nel 2011 nel Caso Lautsi.
Di diverso avvisto il Consiglio di Stato che, con questa decisione, accoglie tutti i motivi di ricorso dell’U.A.A.R.: dal punto di vista formale si afferma che, nonostante la revoca, permane l’interesse alla dichiarazione di illegittimità dell’ordinanza in ragione della possibilità di richiedere il risarcimento danni; e si evidenzia come il potere di ordinanza contingibile e urgente del Sindaco non possa in alcun modo essere utilizzato per “preservare le attuali tradizioni ovvero mantenere negli edifici pubblici … la presenza del crocifisso quale simbolo fondamentale dei valori civili e culturali del nostro paese”, non rientrando questa motivazione neppure indirettamente in alcuno dei presupposti del potere di ordinanza.
La parte più interessante della decisione è però quella che dispone sul merito, perché il giudice amministrativo era assestato sulla ricostruzione del significato del crocifisso quale simbolo culturale. Il Consiglio di Stato decide menzionando e appoggiandosi su quanto disposto dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 24414/2021: l’ordinanza del Sindaco sarebbe comunque stata illegittima perché “non risulta che il sindaco, prima di emettere la misura, abbia effettuato alcun ragionevole bilanciamento tra gli interessi in gioco coinvolti nella decisione amministrativa”. Il giudice amministrativo si guarda però bene dal menzionare la premessa della decisione della Cassazione: il crocifisso è un simbolo religioso e la sua esposizione autoritativa da parte dei pubblici poteri è incompatibile col principio di laicità dello Stato. E anche dal menzionare che il dovere di accomodamento ragionevole la Cassazione lo ha disposto solo in relazione alla classe di una scuola quando vi sia una richiesta di esposizione del crocifisso da parte della comunità scolastica. Non si vede come tale ratio possa essere applicata al potere di ordinanza che dà luogo sempre, ovviamente, a imposizione autoritativa.
La ricomposizione della frattura giurisprudenziale sul punto, dovuta alla duplicità di giurisdizione, sembra dunque ancora non compiuta.
Marco Croce